BAMBINI NEL CIE DI PONTE GALERIA


Pesante operazione nei centri accoglienza e tre minori bangladesi finiscono a Ponte Galeria. Lo sconcerto degli operatori sociali. La denuncia dell’Asgi.
Valentina riaggancia il telefono e la gioia esplode sul suo volto. L’incubo sembra essere finito, i ragazzi sono tornati al centro di accoglienza dopo la notte passata al Cie di Ponte Galeria. «Andiamo a trovarli?» dice guardando Eva con gli occhi pieni di lacrime. «Certo che ci andiamo», risponde Eva, allargando le labbra in un sorriso. La tensione accumulata negli ultimi giorni vola via in pochi secondi. Eva e Valentina sono due volontarie dell’associazione Yomigro e alla vigilia di Pasqua sono state involontarie protagoniste di un caso di “mala gestione” da parte del comune di Roma ai danni di alcuni minori stranieri non accompagnati, ospiti di uno dei tanti centri sorti nella capitale anche in seguito alla cosiddetta Emergenza Nord Africa. Una vicenda con pesanti anomalie, ma che per essere capita necessita di un passo indietro.

Ottobre 2012. La cronaca locale de la Repubblica titola: «La Procura indaga sui finti minorenni. Nel fascicolo i nomi di 400 falsi adolescenti. Ai raggi X gli atti dei vigili e i certificati medici, nel mirino ci sono gli immigrati indagati per aver detto il falso». In sostanza sembra che a un certo punto, in seguito alla gestione emergenziale e caotica dell’Emergenza Nord Africa, dentro i centri fossero entrati moltissimi finti minorenni, grazie anche all’aiuto di medici, avvocati e vigili compiacenti. Un business vero e proprio. Ai primi di marzo di quest’anno, ai centri di accoglienza per minori cominciano ad arrivare una serie di fax con elenchi di nomi di presunti finti minori a cui vine richiesto di presentarsi in dipartimento per una verifica: agli ospiti viene in pratica offerta la possibilità di dichiararsi maggiorenni, lasciare immediatamente il centro e beccarsi un’espulsione. In caso di rifiuto, spiegano a Yomigro, il giorno seguente vengono sottoposti ad una seconda visita medica di accertamento dell’età presso l’Ospedale militare del Celio, e lì dichiarati maggiorenni. Allontanati immediatamente dal centro con in tasca un provvedimento di espulsione e una pesante denuncia penale per esibizione di documenti falsi, falso ideologico e truffa ai danni dello Stato. «L’operazione dovrebbe riguardare circa 800 ragazzi. Il tutto», aggiungono le volontarie di cui sopra, «senza che sia data loro una spiegazione ed essendo minori (anche se presunti), senza la possibilità di una tutela legale, essendo tutore per loro il responsabile del centro».
Il Giovedì Santo tre ragazzi bangladesi, precedentemente portati al Celio per l’accertamento dell’età in seguito ad una visita piuttosto invasiva e che niente hanno a che fare con l’Ena, vengono prelevati dal centro di accoglienza San Michele e, in quanto giudicati maggiorenni e destinatari di un decreto di espulsione, accompagnati direttamente al Cie di Ponte Galeria per non aver ottemperato all’obbligo di recarsi all’ufficio operativo dove avrebbero dovuto prelevare il foglio di via. I tre, visibilmente molto giovani anche agli occhi del personale del Cie, vengono sottoposti ad una nuova visita presso l’ambulatorio del centro, e per uno di loro la minore età viene immediatamente dichiarata. In ogni caso dovrà trascorrere la notte al Cie, nella sezione maschile, potendo uscire e fare ritorno al centro solo la mattina seguente. Per gli altri due l’attesa sarà più lunga. In seguito alle pressioni esercitate dall’associazione, e, probabilmente in virtù dei dubbi ancora legati alla loro età anagrafica, i due ragazzi rimasti trascorrono la notte di venerdì nella sezione femminile, in una stanza a parte. Potranno uscire solo nel pomeriggio di sabato. «Noi non sappiamo se dietro la storia dei finti minori ci sia un business vero e proprio», osserva Valentina. «Quello che sappiamo per certo è che con questa operazione sono vittime due volte: della tratta dei minori, su cui nessuno, a quanto ne sappiamo, si sta preoccupando di indagare, e di questa operazione che si accanisce sull’ultimo anello della catena e spinge verso le dimensione del nero e del sommerso». Quando tutto questo sarà finito – si legge ancora nel comunicato di denuncia di Yomigro – quanti minori non accompagnati avranno ancora il coraggio di chiedere aiuto? Quante giovani e giovanissime vittime di traffico o truffe saranno disposte a denunciare chi si è approfittato di loro? Sicuramente pochissimi. Gli altri troveranno nuovi faccendieri, pronti a vendere a caro prezzo la speranza di un futuro migliore.
Il comune di Roma, dal canto suo, sembra avere accolto la tesi dei falsi minori senza porsi particolari domande. In data 20 febbraio il sindaco Alemanno scrive così in una lettera inviata al Ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, e al prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, per chiedere il rimborso di quanto anticipato dal comune in fatto di accoglienza minori: «Roma Capitale vive da anni la difficile condizione di ‘Città di secondo sbarco’, per ciò che riguarda la tematica dei Minori Stranieri Non Accompagnati (i cosiddetti “Msna”) che pone nella diretta responsabilità del Sindaco della Città nella quale viene identificato il minore, l’onere della protezione dello stesso. Già prima degli eventi socio politici che hanno interessato il Nord Africa, Roma sopportava l’accoglienza del 30% dei Msna presenti sul territorio nazionale (1.500 su un totale di 5.000), con uno sforzo economico a carico del Bilancio comunale di circa 15 milioni di euro, solo parzialmente coperto dai trasferimenti dello Stato (circa il 20% delle risorse necessarie). Dalla emanazione dell’Ordinanza 3933 del 2011, stiamo inoltre affrontando la difficile situazione dei Minori provenienti dall’Emergenza Nord Africa per la quale Roma Capitale ha subito il raddoppio delle ordinarie presenze di minori che sono divenuti quasi 2.800, comportando una spesa straordinaria nel 2012 di quasi 20 milioni. Stando alla cronaca, e all’inchiesta avviata dalla procura, la cifra versata per ogni ospite si aggirerebbe intorno ai 70 euro al giorno, cifra che tuttavia, denunciano alcune associazioni, non corrisponderebbe a effettivi servizi erogati, a partire dai kit personali, alla biancheria, al pocket money, fino all’abbonamento per i mezzi pubblici. E che il più delle volte, come sembra ormai accertato, va a coprire anche quelli che sono i falsi minori».
Secondo Salvatore Fachile, avvocato dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, che sta seguendo la vicenda nel complesso e nello specifico, in seguito al mandato affidatogli da 4 ragazzi ormai ex-ospiti dei centri di accoglienza, le anomalie in questa vicenda sarebbero molteplici. «Quello che sappiamo per certo è che si tratta di un controllo a tappeto a partire dagli ultimi arrivi per andare a  ritroso nel tempo fino agli arrivi della cosiddetta Emergenza Nord Africa; la procedura è di carattere amministrativo, dunque non c’è un ordine individuale da parte della magistratura (e qui sta il suo punto debole) – sottolinea Fachile – … diventa penale solo successivamente, quando l’ospite, dichiarato maggiorenne, oltre al decreto di espulsione, viene accusato di reati pesantissimi. Come Asgi ci stiamo muovendo per intraprendere azioni di carattere politico e poter fermare  questa assurda procedura». In quanto al caso dei tre ragazzi bengalesi riconosciuti minorenni in seguito alla visita fatta nel Cie, Fachile non ha dubbi: «Questa è la dimostrazione di come la macchina messa in moto abbia diverse falle e gli accertamenti fatti al Celio non siano infallibili, il caso di questi tre ragazzi ne è la dimostrazione… e poi c’è il fatto grave che tre minori abbiano dormito dentro un Cie…». Ovvero tutti gli estremi per intraprendere un’azione legale pesante quanto questa operazione.
Bruna Iacopino (Corriere Immigrazione)
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