Pro e Contro dell' Agenda UE sui migranti.

Il 13 maggio 2015  è stato presentata ed approvata  l’agenda della Commissione Ue sull'immigrazione. Quali sono i pro e i contro?
I quattro punti della nuova agenda sull’immigrazione sono:
-          Ridurre gli incentivi alla migrazione irregolare;
-          gestire e rendere sicure le frontiere esterne della Ue;
-          proteggere i richiedenti asilo;
-          creare una nuova politica migratoria;

“Rafforzamento di Triton (ndr entro fine maggio sarà presentato il nuovo piano operativo) e Poseidon, le operazioni congiunte di sorveglianza delle frontiere dell'agenzia Frontex, per le quali verranno triplicate le capacità ( e i mezzi nel 2015 e nel 2016, come stabilito al Consiglio europeo strordinario del 23 aprile. Il rafforzamento delle operazioni Frontex significherà un aumento delle capacità e del raggio d'azione e di intervento per ricerca e salvataggi in mare.” (fonte larepubblica.it)

Secondo me questa decisione, non farà altro che aumentare il controllo delle frontiere, essendo il mandato principale di Frontex quello del pattugliamento dei confini e solo in casi di necessità quello del salvataggio.
“Subito sarà lanciata un'operazione navale nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (Psdc) nel Mediterraneo volta a smantellare le organizzazioni dei trafficanti, soprattutto in Libia (ndr  leggi anche Amnesty denuncia le atrocità subite dai migranti in transito in Libia)


La proposta sarà sottoposta già lunedì prossimo ai ministri degli Esteri e della Difesa dell'Ue, e più tardi, in giugno, al Parlamento europeo, ai ministri dell'Interno e infine al Consiglio europeo dei capi di stato e di governo, che dovrebbe varare l'operazione. Nel frattempo, ha detto l'alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Federica Mogherini, "mi aspetto che il Consiglio di sicurezza onu adotti una risoluzione" che dia all'Ue la copertura del mandato internazionale per intervenire. Ma, ha puntualizzato Mogherini, "non ci saranno interventi di terra", contrariamente a quanto aveva anticipato il Guardian.
  Intanto il governo e l'esercito libici a Tobruk ribadiscono il monito "a non toccare la sovranità dello Stato e avvertono tutte le imbarcazioni a non entrare nelle acque territoriali libiche se non dopo un coordinamento con gli organi competenti". In caso di violazione il governo provvisorio "reagirà con bombardamenti come quelli contro il cargo turco". L'esecutivo, che controlla la parte orientale della Libia ed è riconosciuto internazionalmente, in un comunicato ha sostenuto che "ciò che è avvenuto alla nave turca è la conseguenza della sua entrata di forza nelle acque territoriali libiche". Le sue Forze armate, in un altro comunicato, avvertono che "non esiteranno" a "proteggere le proprie frontiere e acque territoriali con tutta la forza di cui dispongono".(fonte larepubblica.it)


Sul punto vorrei segnalare alcuni dubbi sulla fattibilità e sulla sua efficacia. Pertiamo dal fine di questa operazione che dovrebbe essere quello di indebolire l’azione dei trafficanti.
Ora mi chiedo, come è possibile distinguere tra le barche dei trafficanti e quelle, ad esempio, dei pescatori? Poi mi chiedo,  il lavoro dei trafficanti non troverebbe altre strade, essondoci una domanda che non si arresta? ( ndr tratto da L’espresso ... il capo dei trafficanti .... parlando con i suoi collaboratori, immagina di trasferire parte delle sue attività sulle coste egiziane – al telefono sostiene di aver organizzato già dei viaggi di migranti da quel Paese – e ammette di essere stanco di questo lavoro ...)
Entrambe i “governi” Libici  sono assolutamente contrari a tale proposta, quindi vedo la strada difficilmente percorribile. Continua a mio avvisso un atteggiamento di esternalizzazione delle frontiere e dei salvataggi. Proposte che oserei dire più militari che politiche o umanitarie. Quindi, pensare alla distruzione delle barche è ridicolo sia in termini di reale fattibilità, come molti esperti militari stanno dicendo in queste ore, sia in termini di salvaguardia delle vite umane. Se impediamo loro di venire e non gli offriamo alternative, magari non li vedremo morire nel Mediterraneo, ma moriranno comunque: in Libia, Siria, Eritrea o in viaggi ancor più disperati.


Altro punto è quello del ricollocamento dei richiedenti asilo nei 28 paesi dell’Unione. Questo punto piace soprattutto agli Stati di “confine” che subiscono i limiti del Regolamento di Dublino, che non è messo in discussione dal piano.

Le proposte emerse circa uno schema europeo di reinsediamento che coinvolga tutti gli stati membri, in aggiunta a quelli di reinsediamento a livello nazionale, costituiscono una buona idea ma la loro attuale previsione (20.000 posti all'anno per i prossimi due anni) è inadeguata di fronte alla richiesta di reinsediare 380.000 rifugiati solo dalla Siria entro il 2016 formulata dall'Alto commissariato Onu per i rifugiati. Direi che è fondamentale che i posti messi a disposizione dai programmi di reinsediamento nazionali non diminuiscano e che quelli previsti a livello di Unione europea aumentino, in modo da riflettere l'enormità della crisi.
"Se applicato in modo appropriato, in dimensione assai più ampia e insieme ai programmi di reinsediamento nazionali, uno schema centralizzato a livello europeo di reinsediamento potrebbe ridurre il numero dei rifugiati che intraprendono viaggi pericolosi. Insieme al meccanismo di redistribuzione interna, lo schema potrebbe contribuire a garantire una condivisione più equa dell'onere della crisi dei rifugiati tra gli stati membri dell'Unione europea e tra la stessa Unione europea e altre regioni del mondo" Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.

L’ultimo punto dell'Agenda contiene una serie di proposte relative alla cooperazione con i paesi terzi per controllare i flussi migratori, che potrebbero di fatto collocare la prima linea difensiva della "Fortezza Europa" in luoghi lontani, come il Niger (ndr molte di queste proposte devono ancora essere sviluppate). Una proposta è quella di un centro in Niger gestito da UNHCR e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) da aprire entro il 2015. La paura di costruire luoghi di questo tipo è che si finisca per creare nuove grandi tendopoli dalle quali i profughi non riescano più ad andare via, come nel campo di Choucha nel sud della Tunisia, passando la vita in una zona liminale, non a casa e non al sicuro, al limite della sopravvivenza, dove si susseguono intere generazioni che non vedranno mai altro che abusi, miseria e baracche. Quindi, almeno sarebbe essenziale che qualsiasi "centro multi-funzione" esternalizzato garantisca il rispetto delle salvaguardie essenziali sulla protezione dei diritti e dei bisogni delle singole persone, in particolare quelle relative a una procedura equa ed efficiente di asilo e all'accesso a un rimedio effettivo.


In conclusione, il dibattito di questi giorni farebbe credere che ci siano sul piatto nuove proposte risolutive, ma questa non è la mia percezione, anzi vedo purtroppo allontanarsi sempre più l’idea di canali umanitari che permettano vie legali per arrivare in Europa.
Il ragionamento di questa agenda parte dall’assunto che il problema nasca dalle coste libiche, e non già prima nei territori di provenzianza, dove l’impoverimento, le dittature, le  guerre e le persecuzioni sono la fonte del problema.

L’Europa non ha fatto l’unica cosa realmente importante per salvare la vita dei profughi e dei migranti: permettere vie alternative e sicure di accesso. Misure che esistono e sono realizzabili: canali e visti umanitari, domande d’asilo da paesi terzi, un massivo programma di reinsediamento. Ma anche una diversa politica in termini di visti d’ingresso per motivi di lavoro.

LEONARDO CAVALIERE

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