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"La mia speranza è morta da quando mi hanno portata qui", dice una madre curdo-siriana.

L'accordo per rallentare i passaggi di rifugiati dalla Turchia alla Grecia, dice Human Rights Watch (HRW) ,sta aumentando i tassi di suicidio e di autolesionismo nei campi di accoglienza, fatiscenti.

I richiedenti asilo, detenuti sulle isole del Mar Egeo, raccontano di persone che si danno fuoco, che si impiccano o si tagliano i polsi, da ultimo un caso di suicidio nell'isola di Chios.

La nuova ricerca di HRW dimostra che i bambini sono tra quelli maggiormente spinti alla disperazione viste le condizioni in cui attualmente versano e alimentano il trauma già sofferto nei paesi da cui sono fuggiti.

"Il trauma mentale degli anni di guerra, esacerbato da condizioni dure sulle isole greche e l'incertezza delle politiche disumane non può essere visibile quanto le ferite fisiche, ma di certo ha la stessa gravità per la loro vita", ha dichiarato Emina Ćerimović, ricercatrice di HRW.

"L'UE e la Grecia dovrebbero predisporre misure immediate per affrontare questa crisi silenziosa e impedire ulteriori danni".

Decine di richiedenti asilo, compresi i bambini, hanno riportato stati di ansia crescenti, depressione, disturbi post-traumatici e altre patologie mentali mentre trascorrono mesi in "condizioni orribili" in attesa di essere trasferiti in continente greco o deportati in Turchia.

Un uomo siriano di 26 anni, arrestato a Lesbos per più di tre mesi in attesa di essere espulso, ha dichiarato di aver tentato il suicidio due volte.

Bilal ha detto che è stato tenuto in una stazione di polizia per due mesi, ha tentato il suicidio in una cella, prima di essere portato al famigerato campo di Moria, dove ci ha riprovato.


"In tutto questo tempo [alla stazione di polizia] non avevo visto nessun medico", ha detto. "Poi mi sono fatto male nella stazione di polizia, e mi hanno portato qui."

Nel campo, ora utilizzato come centro di detenzione per i richiedenti asilo che devono essere rispediti in Turchia, sono stati appiccati diversi incendi e lo stesso doveva essere evacuato dopo il congelamento delle tende in inverno.
I migranti che erano stati detenuti lì hanno detto a HRW di essere stati tormentati dall'attesa di capire il loro destino, attacchi d'ansia dovuta ai ritardi, all'annullamento degli appuntamenti con le autorità che dovevano decidere sul loro caso e dalla mancanza di informazioni e mediatori.

Ahmad, un siriano di 20 anni, è stato trasferito da Chios a Lesbos a maggio e non sa se sarà rimandato in Turchia.

"Sono molto nervoso", ha detto. "Ieri, un ragazzo algerino si è fatto del male [tagliandosi] ... i miei sentimenti sono morti."

Anche le famiglie sono detenute a Moria, tra cui una donna curda dalla Siria con quattro figli.

"La mia speranza è morta da quando mi hanno portata qui", ha detto Rabiha Hadji a HRW. "Abbiamo visto tante cose terribili in Siria, ma io e i miei figli non avevamo mai visto una prigione [fino a quando non siamo arrivati in Grecia]".

Médecins Sans Frontières (MSF), che fornisce assistenza medica a Lesbos e sull'isola di Samos, ha potuto constatare un'alta concentrazione di casi di depressione, ansia e psicosi, e un aumento significativo dei tentativi di suicidio e di autolesionismo.
Un loro rappresentante ha dichiarato che le precarie condizioni dei campi sono un rischio per gli ex-detenuti e per le vittime di torture, e aggiunge: "Per le persone che hanno subito violenza estrema in detenzione nei loro paesi di origine, un luogo circondato da filo spinato, la presenza della polizia e scontri violenti chiaramente non possono essere positivi per loro ".

Amir, un 26enne richiedente asilo iraniano che è stato arrestato a Lesbos da aprile, ha dichiarato che le condizioni a Moria gli hanno fatto ricordare costantemente il carcere in Iran.

"Vedo le recinzioni e mi ricordano il mio passato", ha detto.

"Durante tutta la prima settimana in cui sono stato qui, non ho potuto dormire mai ... ho avuto gli incubi sulle torture subite nella prigione militare".

Circa 13.000 richiedenti asilo si trovano attualmente nelle isole greche, dove fino ad oggi sono approdati altri 9.500, malgrado la minaccia di deportazione.

Nel mese di dicembre le autorità dell'UE e della Grecia hanno terminato la deroga per i gruppi vulnerabili tra cui i minori non accompagnati, le donne in gravidanza, le persone con disabilità e le vittime di tortura precedentemente esclusi dalla detenzione nei campi dell’isola, nonostante un appello da 13 ONG.

L'UE sta attualmente pressando la Grecia ad accelerare le decisioni sulle domande di asilo e sulle espulsioni in Turchia, dove sono già state deportate 1.200 persone dall'entrata in vigore dell'accordo UE-Turchia, nel marzo 2016, fino a giugno. HRW ha segnalato che le procedure lunghe e farraginose peggiorano la pena dei rifugiati, "la durata delle procedure di asilo non dovrebbe essere ridotta a scapito della qualità del processo". Ha documentato casi con l'assenza di mediatori durante le interviste per la richiesta di asilo, "gravi lacune" nell'accesso alle informazioni, al supporto legale e ha segnalato che le autorità privilegiano gli immigrati in base alla nazionalità.

La pratica privilegia i siriani rispetto agli afghani, iracheni, i migranti del Bangladesh e altri paesi con bassi tassi di successo, alimentando così tensioni all'interno di campi che talvolta si tramutano in violenza.

"Le autorità greche, con il sostegno dell'Unione europea, dovrebbero garantire ai richiedenti asilo un accesso vero a una procedura di asilo equa ed efficiente basata sulle singole richieste, non sulla nazionalità", ha detto un portavoce della HRW, esortando la Grecia a porre fine alla politica di contenimento sulle sue isole e a trasferire i richiedenti asilo sulla terraferma, dove i minori possono essere iscritti a scuola e gli adulti possono lavorare.

"L'Unione europea e il governo greco dovrebbero lavorare per ripristinare la dignità e l'umanità delle persone che cercano protezione, non favorire le condizioni che causano danni psicologici", ha detto la dott.ssa Ćerimović.

Il report è l'ultimo, in ordine di tempo, che segnala le criticità dell'accordo UE-Turchia, che mostra come la principale rotta dei rifugiati per l’Europa è cambiata dalla più breve e sicura del Mare Egeo alla più pericolosa tra Libia e Italia. 

L'accordo ha impegnato la Turchia ad accettare il ritorno di molti richiedenti asilo che hanno viaggiato attraverso il suo territorio verso le isole greche, in cambio di miliardi di euro di aiuti, liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi e rilancio dei negoziati per l'adesione della Turchia all'UE.

La ricerca di Save the Children ha constatato che l'accordo aveva ridotto notevolmente il numero di rifugiati che passavano dal Mar Egeo in Grecia, ma aveva garantito agli smugglers "un'attività fortemente redditizia".


Uno studio dell'Università di Harvard ha riportato che bambine di quattro anni sono state violentate in un campo profughi di Atene, mentre i richiedenti asilo in altre parti del paese si prostituivano per racimolare il denaro da dare ai trafficanti.

Ma l’Europol ha cantato vittoria contro il traffico di persone dopo aver istituito il Centro europeo dei trafficanti per i migranti, identificando 17.500 sospetti smugglers nel 2016, intercettando messaggi, sequestrando documenti e distruggendo barche.

Più di 100.000 migranti sono arrivati in Europa finora quest'anno via mare, soprattutto dall'Africa subsahariana, dal Bangladesh e dalla Siria, con 2.300 morti durante la traversata.

Autore Lizzie Dearden

Foto AFP/Getty



L'accordo UE-Turchia porta i rifugiati intrappolati nei campi greci al suicidio e all’autolesionismo.

"La mia speranza è morta da quando mi hanno portata qui", dice una madre curdo-siriana. L'accordo per rallentare i passag...
Il giorno 16 Novembre è stato presentata a Roma l’edizione 2016 del Rapporto sulla protezione internazionale in Italia di Fondazione Migrantes, Caritas Italiana, Cittalia, ANCI e Servizio centrale dello SPRAR in collaborazione con l’UNHCR. Le cifre e il punto della situazione su asilo e accoglienza, con i primi dati SPRAR per il 2016 e un focus su salute mentale e immigrazione nel nostro Paese. Ormai alla terza edizione, il Rapporto, unico in Italia, fa il punto sia sul fenomeno dei migranti forzati nel mondo sia su quello dei richiedenti protezione internazionale in Italia e in Europa, quest’anno con l’aggiunta di un focus su salute mentale e immigrazione nel nostro Paese.  "Investire su accoglienza e integrazione significa non solo restituire dignità e futuro a una persona, ma contestualmente produrre legalità e contrastare le molteplici forme di sfruttamento a cui assistiamo. D’altronde, che convenga puntare su un sistema di accoglienza strutturato e coordinato è facilmente desumibile dal fatto che una persona lasciata al suo destino diviene facilmente oggetto di attenzioni da parte della criminalità, che non di rado utilizza i canali dell’asilo per far proliferare i propri traffici" "L’arrivo in Europa di oltre un milione di profughi nel corso del 2015 ha messo definitivamente in crisi quelle certezze su cui il vecchio continente ha cercato negli ultimi 50 anni di costruire un’identità comune… L’unico strumento previsto dall’Agenda europea che ad oggi ha trovato un’effettiva attuazione sono i centri all’interno dei quali è stato assunto l’approccio hotspot, che sono parte di un sistema respingente che non di rado nega l’accesso alla procedura di protezione internazionale… In tanta confusione e indeterminatezza, a pagarne le spese sono i migranti a cui talvolta, come viene ricorrentemente ricordato dalle associazioni di tutela, non è garantita la possibilità di accedere alla richiesta di asilo creando quella che qualcuno ha definito la fabbrica della “clandestinità di Stato” che produce centinaia di nuovi fantasmi, persone in carne ed ossa che rischiano il rimpatrio o la detenzione nei CIE, o nel migliore dei casi, un soggiorno in un limbo infernale di sfruttamento e ricattabilità. Ne incontriamo molti sui territori. Si tratta di persone disorientate che si rivolgono alle organizzazioni umanitarie per chiedere un sostegno o semplicemente un orientamento" Nel primo semestre 2016, si legge nel Rapporto, "i progetti finanziati dal FNPSA sono stati 674, 244 in più rispetto al 2015 (per complessivi 27.089 posti in accoglienza), di cui 520 destinati all’accoglienza di richiedenti e titolari di protezione internazionale appartenenti alle categorie ordinarie (24.593 posti), 109 destinati a minori non accompagnati (1.916 posti) e 45 a persone con disagio mentale e disabilità fisica (580 posti)". Con i processi dell’ampliamento straordinario promosso dal Viminale, la capienza è poi salita a 27.089 posti (di cui 12.485 strutturalmente finanziati da bando e 14.604 posti aggiuntivi). Gli enti locali titolari di progetto sono stati 574 in tutto: 533 Comuni, 29 Province e 12 unioni di Comuni.
Preoccupa "la condizione di estrema precarietà che colpisce i minori stranieri non accompagnati, per i quali non si riesce a implementare un sistema in grado di dare risposte immediate". "Seppure il sistema di accoglienza teoricamente sia oramai stato delineato (sia nell’Intesa del 2014 sia nel DLgs 142 del 2015), allo stato attuale, con un gravissimo ritardo di quasi due anni, il percorso di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati risulta ancora carente, non strutturato e definito. La presa in carico dei minori non accompagnati in Italia si caratterizza, ancora oggi, per la forte eterogeneità delle politiche sociali e socio-educative, per l’assenza di un unico modello sociale di riferimento e per la ricaduta differenziata a livello locale del fenomeno stesso". Preoccupa inoltre, soprattutto negli ultimi mesi, "l’incremento esponenziale dei dinieghi (circa il 60%) pronunciati dalle Commissioni territoriali competenti sulle istanze per il riconoscimento della protezione internazionale (asilo o protezione sussidiaria) o umanitaria, e il corrispondente innalzamento del livello di tensione nei centri di accoglienza variamente denominati, nei quali i migranti rimangono in attesa di una decisione sul loro status".



Mons. Giancarlo Perego, Direttore generale della Fondazione Migrantes, commentando i dati del nuovo Rapporto sulla protezione ha sottolineato come sia evidente la crescita delle accoglienze in strutture precarie e straordinarie (oltre il 300% in tre anni), mentre il numero dei richiedenti asilo e rifugiati negli SPRAR è aumentato solo del 20%: sono dati che chiedono di continuare un impegno di accoglienza diffusa e organica sul territorio nazionale, a tutela di un diritto fondamentale, quale è l’asilo.

Anche la situazione dei minori non accompagnati, quasi raddoppiati nel 2016 rispetto al 2015 – ha proseguito Mons. Perego -, vede ancora un’accoglienza in strutture straordinarie (12.000 su 14.000), inoltre concentrata sia nelle strutture straordinarie che negli SPRAR per i minori, soprattutto in Sicilia (10 volte più che in Veneto e cinque volte più che in Lombardia), e in Calabria, mentre cresce anche il numero degli “irreperibili”, almeno 8.000 nel 2016: un tema che richiede con urgenza l’approvazione definitiva e l’entrata in vigore della legge.

Focus: migrazione e salute mentale
«Nonostante manchino ancora ricerche e dati affidabili, gli operatori del settore hanno rilevato un aumento di richieste di ricoveri e cure psichiatriche da parte di migranti con vissuti di psico-traumatologia e talvolta di emarginazione sociale precedenti la migrazione».

«Nonostante la presenza di strutture dedicate di alto livello (la stessa rete dello SPRAR comprende progetti specifici dedicati ai richiedenti e rifugiati con disagio mentale e disabilità fisica), di fronte a una crescente domanda di assistenza psichiatrica, la risposta dei servizi italiani appare difficoltosa sia per la forte pressione cui essi sono stati sottoposti in modo relativamente inaspettato, sia per la necessità di sviluppare competenze cliniche e fornire soluzioni organizzative nuove… Per quanto tuttavia la situazione possa apparire complessa, tali difficoltà possono rivelarsi un’opportunità preziosa per promuovere la crescita e la maturazione complessiva di tutti i servizi assistenziali e sanitari coinvolti, con potenziali ricadute positive su tutto il sistema».

Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2016. Preoccupano le condizioni di precarietà dei minori non accompagnati

Il giorno 16 Novembre è stato presentata a Roma l’edizione 2016 del Rapporto sulla protezione internazionale in Italia di Fondazione M...
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