«Sono 2.848 i minori stranieri non accompagnati giunti quest'anno in Calabria, secondo i dati delle Prefetture della regione. Un dato per difetto che non tiene conto degli sbarchi avvenuti nelle ultime settimane. Di fronte a questi dati non si può più parlare di emergenza, ma di drammatica ordinarietà». È quanto ha sostenuto Antonio Marziale, Garante per l'infanzia e l'adolescenza della Regione, che, in procinto di partecipare domani, a Roma, al tavolo della Conferenza dei Garanti delle regioni italiane, presente il Garante nazionale dell'Infanzia e l'adolescenza, ha incontrato i giornalisti sul tema dei centri di primissima, prima e seconda accoglienza della Calabria. «C'è una situazione al limite del collasso - ha affermato Marziale - e ha fatto bene il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà a denunciare, qualche giorno fa, in un'intervista a Repubblica, questa situazione e le difficoltà che quotidianamente affronta la sua amministrazione nella gestione dei centri di Archi Cep, "lo scatolone" e della ex capitaneria di porto. Solo l'intervento del prefetto Michele Di Bari e delle forze dell'ordine ha scongiurato che una protesta inscenata dai ragazzi dello "scatolone", domenica scorsa, degenerasse in qualcosa di più serio». «Domani a Roma - ha concluso Marziale - rivolgerò un pressante invito al Governo ed al Premier Matteo Renzi perché agiscano nei confronti dell'Unione Europea, affinché non ci siano solo constatazioni generiche, o constatazioni politiche, ma interventi veri. Chi vive in periferia conosce perfettamente il problema ed il Comune di Reggio e la Regione Calabria stanno facendo molto. Devo sottolineare anche il lavoro eccellente che sta svolgendo il volontariato. L'Ue non può sbarazzarsi così del problema e se qualcosa dovesse accadere anche ad uno solo di questi bambini, ne avrà la piena responsabilità».



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I Minori Stranieri non Accompagnati

Migranti minorenni, la situazione è drammatica. Lancia l'allarme il Garante Infanzia Calabria

«Sono 2.848 i minori stranieri non accompagnati giunti quest'anno in Calabria , secondo i dati delle Prefetture della re...
Il giovane Yacouba Traore è arrivato in Inghilterra all'età di 16 anni come minore non accompagnato richiedente asilo senza parlare una parola d'inglese e pochi anni più tardi, il 27 settembre 2016, si è aggiudicato il prestigioso premio Fostering Achievement for Education Award per i suoi risultati scolastici.
Yacouba ora è studente presso l'Università di Teeside dove studia information technology. E' arrivato nel Regno Unito come minore non accompagnato, dopo essere fuggito dalla Costa D'Avorio, in seguito all'assassinio dei suoi genitori, attivisti politici e contrari al regime.
Quando è arrivato era disorientato e incapace di parlare inglese. Nel suo percorso di vita ha dovuto in primis  convincere le autorità che era minorenne, dopo che a seguito di un errato esame del polso era stato riconosciuto maggiorenne, poi è stato affidato ad una famiglia inglese che lo ha accolto come un figlio offrendogli la possibilità di studiare.
My foster carers took me into their home and they treat me like one of their own children. They were always there to support me when I was finding things difficult. They went above and beyond their remit to give me the emotional stability and support I so badly needed. Through their support and encouragement, I have progressed from being unable to speak English, to study for my computing course at Teesside University.
There have been supportive and encouraging people in my life and I would like to thank them all. Everyone from friends and family to social services; my children’s rights and participation officer, my grandmother, my interpreter, The Fostering Network, StocktonRiverside College and Teesside University.
– YACOUBA TRAORE

We are delighted that Yacouba is one of this year’s Fostering Achievement in Education winners. He has overcome so much to get where he is today, and is a real inspiration to others.
As well as working hard on his academic achievements, he always makes time to give back to the community.
From being a peer mentor for younger children, to an active participant in The Fostering Network’s Inspiring Voices programme, there isn’t much that this outstanding young man won’t do to help others.
Yacouba’s story also illustrates the importance of finding the right foster family for young asylum seekers who turn up alone in the UK, and who need stability, commitment and skilled help to overcome their traumatic experiences.
– KEVIN WILLIAMS, CHIEF EXECUTIVE OF THE FOSTERING NETWORK

To have seen Yacouba thrive and develop is just wonderful. The time and emotional support invested since he first came to us have been so worthwhile. Now, he’s already making such a success of his life.
We’re extremely proud of him. The sense of achievement is enormous.
– YACOUBA’S FOSTER CARERS, MAUREEN AND IAN

Minore Non Accompagnato vince il premio come miglior studente

Il giovane Yacouba Traore è arrivato in Inghilterra all'età di 16 anni come minore non accompagnato richiedente asilo senza parlare ...
Decine di migranti, per lo più minori non accompagnati, stipati per settimane nella tendopoli allestita in un porto blindato e militarizzato, in condizioni igienico-sanitarie indegne. Senza prospettive reali di accoglienza e senza le più elementari tutele giuridiche a salvaguardia dei loro diritti umani. Succede ad Augusta, in provincia di Siracusa, dove da mesi gli sbarchi e le attività di identificazione-deportazione-espulsione del sistema Frontex proseguono al riparo dagli occhi indiscreti dei giornalisti “non-accreditati” e delle realtà antirazziste e solidali, a cui viene negato l’accesso e la possibilità di monitorare la situazione in cui versano i migranti nell’area di sbarco. Così, quanto accade ad Augusta lo si apprende soltanto dalle testimonianze dirette dei migranti che da quel limbo sono transitati e che la sera si incontrano alla stazione di Catania. Alcuni adolescenti raccontano di essere riusciti a scappare dopo diversi giorni passati da detenuti nella tendopoli, soffrendo il caldo torrido e presidiati dagli agenti di polizia, senza mediazione culturale e senza ricevere alcuna informazione sull’accesso al diritto d’asilo e alla protezione umanitaria. Altri, invece, dicono di essere stati forzati al rilascio delle impronte digitali a colpi di manganello elettrificato; altri ancora, dopo l’identificazione, di essere stati semplicemente abbandonati sulla strada, e di averla percorsa a piedi – quaranta chilometri di asfalto - per raggiungere la città etnea.

La realtà di Augusta rappresenta solo un tassello del complesso sistema istituzionale della pessima accoglienza e dell’inferno di abusi, violenze, diritti negati e sfruttamento che colpisce le vite di migliaia di uomini, donne e bambini migranti. Tuttavia, si tratta di un tassello piuttosto peculiare, se si considera l’importanza di quel territorio sotto il profilo degli interessi economico-industriali e militari che lo attraversano. In proposito, il recente scandalo d’inchiesta Petrolio [1]ha offerto solo uno spaccato, certamente non esaustivo, dei perversi intrecci affaristici esistenti tra lobby industriali, autorità portuale e vertici della marina militare italiana. Ed è in questo contesto, d’altro canto, che si era consumata la compatta levata di scudi – dai 5 stelle ai fratelli d’Italia, dall’amministrazione comunale pentastellata all’ex commissario straordinario portuale Alberto Cozzo, attualmente inquisito dai magistrati lucani - contro la nascita di un hotspot al porto commerciale megarese.

Nello specifico, l’opposizione dell’amministrazione comunale di Augusta all’hotspot – così come il No degli altri soggetti politici e istituzionali - non ha preso di mira ciò che di nefasto questo approccio securitario rappresenta per i migranti, quanto piuttosto la destinazione tout court di una parte del porto commerciale come area di sbarco. Nessuna parola, infatti, si è mai spesa per denunciare la violazione dei diritti umani e l’illegalità, sotto il profilo del diritto interno ed europeo, del sistema hotspot, considerate per esso l’assenza di cornice giuridica e l’assoluta discrezionalità sulle procedure d’identificazione affidate interamente alla polizia. Nessuna parola nemmeno sugli abusi e sulle pratiche violente – documentate, ad esempio, nel recente rapporto di Oxfam Hotspot, il diritto negato e dai numerosi report di Borderline Sicilia – a cui vengono sottoposti i migranti all’interno dei porti d’arrivo, tra i quali proprio quello di Augusta.

L’utilizzo del porto per accogliere i migranti “svilisce le ambizioni economiche” «non solo della città ma dell’intera regione», secondo la sindaca di Augusta Cettina Di Pietro, che da più di un anno continua a lanciare appelli al governo – compreso, da ultimo, l’annuncio di uno sciopero della fame - affinché Augusta non resti «il porto degli immigrati» - la citazione è testuale - per «non mortificare i piani di sviluppo» dello scalo commerciale. Ed è sempre la sindaca, come nella peggiore propaganda leghista, ad agitare lo spauracchio del “pericolo per la sicurezza dei cittadini”, sostenendo l’equazione tra fenomeno migratorio e rischio di attentati terroristici. Un’equazione banale e frutto di una palese disinformazione, ma pericolosa per il messaggio di xefonobia che finisce per trasferire sull’opinione pubblica. Se poi a questo si aggiunge il populismo dei “45 euro a minore migrante e nessuno per i figli degli italiani” – fatto proprio dalla stessa sindaca in occasione di un confronto tv su La7 – ecco che il discorso precipita sensibilmente e diviene alimento per i peggiori umori reazionari e razzisti.

Eppure, al cospetto dell’inferno della malaccoglienza istituzionale dall’alto, comuni come quello di Augusta potrebbero fare tanto imboccando la strada della solidarietà, e disobbedendo alle politiche liberticide messe in campo dai governi centrali. Il terreno fertile non manca di certo: la cittadinanza megarese, con l’esperienza dei bambini delle scuole verdi, due anni fa ha già dato prova di grandi slanci di umanità e accoglienza; in quell’occasione, tanti furono i minori presi in affido dalle famiglie, mentre le associazioni, le parrocchie e moltissimi volontari si attivavano con iniziative di solidarietà. Quell’esperienza, qualche mese più tardi, purtroppo venne troncata insieme ai legami umani che aveva visto nascere, con la deportazione dei minori al centro di Città Giardino del Buzzi di mafia capitale.

Oggi, si tratterebbe di riprendere il filo di quei legami tranciati, tornando a coinvolgere la comunità di Augusta rispetto a un fenomeno che la riguarda direttamente, nonostante da questo continui ad essere tenuta scientemente lontana. Un punto, in questa direzione, dev’essere però chiaro: l’accoglienza e la solidarietà non sono un “problema” da gestire, né tanto meno un business da appaltare, ma una risorsa umana e culturale nonché una pratica sociale che ogni comunità lungimirante dovrebbe ricercare e promuovere attivamente. Esempi virtuosi come quello di Riace e del sindaco Mimmo Lucano, sono lì a mostrare un orizzonte possibile: un paesino di appena 1.800 anime capace di accogliere nel suo tessuto sociale, culturale ed economico fino a 550 cittadini immigrati, facendo della solidarietà un’occasione storica di rinascita comunitaria.

Sarebbe bene, pertanto, che la sindaca di Augusta approfondisca seriamente la tematica e ribalti la sua posizione in merito, abbandonando gli argomenti populistici e scegliendo di stare realmente dalla parte dei migranti e dei loro diritti; anche a proposito del progetto di un Cara a Melilli, che sarebbe l’ennesimo lager etnico in Sicilia, per la cui apertura la stessa Di Pietro si dice favorevole e pare stia spingendo.
E infine, sul porto: nessun “piano di sviluppo commerciale” – ammesso che lo “sviluppo” sia ancora il paradigma da seguire – può essere anteposto agli interessi delle persone, alle loro vite e ai loro destini. Altrimenti è meglio abbandonare quei piani: sarebbero tossici per la comunità e buoni solo ad arricchire lobby, mafie e speculatori. Nient’altro che lo stesso tragico copione recitato per il petrolchimico siracusano da sessant’anni a questa parte. 

Comunicato della Rete Antirazzista Catanese


Note [1] http://meridionews.it/articolo/43706/augusta-gli-affari-del-petrolio-intorno-al-porto-i-rapporti-dellex-commissario-con-le-societa/






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Ad Augusta ci sarà mai un’accoglienza degna per i/le migranti?

Decine di migranti, per lo più minori non accompagnati , stipati per settimane nella tendopoli allestita in un porto blindato e militari...
Up to 1,000 unaccompanied minors will be left to fend for themselves when the so-called jungle camp for refugees in Calais is bulldozed next month. The French authorities have made no plans to rehouse the children, the Observer has learned, because it is hoping to force Britain to honour a promise to help child refugees.

The French interior ministry has informed charities and aid organisations that it intends to destroy the camp in less than four weeks.

Almost 400 unaccompanied youngsters in the camp, some of whom have relatives in the UK, have already been identified as having a legal right to come to Britain.

In May, David Cameron announced that Britain would accept as many as 3,000 unaccompanied minors. James Brokenshire, immigration minister at the time, said Britain had “a moral duty to help”.

However, Home Office figures reveal that by mid-September, only 30 children had arrived under the scheme. The Home Office did not respond to queries over whether it intended to help lone child refugees once the Calais camp was destroyed.

On Monday President François Hollande is expected to visit Calais and confirm that the refugee camp will be demolished. Details emerged last week when refugee organisations were told that alternative accommodation elsewhere in France would be supplied for 9,000 adults and families.

However, because of a supposed lack of emergency capacity for unaccompanied minors, at least 850 children will be made homeless.


Josie Naughton of the charity Help Refugees said: “We are particularly concerned for the safety of the unaccompanied children and ask the authorities to ensure they are protected and accounted for. We also urge the UK government to make good on its pledge, as there is little time to act.”

Jess Egan of the Refugee Youth Service, which runs a safe area in the camp for many unaccompanied minors, expressed outrage at the development. “It’s really worrying – horrendous – that nothing has been put in place to help these children,” she said.

Emily Carrigan, who has been working at the unofficial women and children’s centre in the camp for nine months, said: “We’ve been told that there is accommodation provided, but not for unaccompanied minors, because they [the French] hope the UK will help.


“Who knows what will happen to them? They will scatter everyone, and we won’t be able to track them. They’ll disappear.”


The dismantling of parts of the camp earlier this year caused so much panic among unaccompanied children that many of them disappeared. One charity,Care4Calais, said that after an area of the site was cleared, 129 unaccompanied minors had vanished.

Charlie Whitbread of Care4Calais said he was looking to set up a system to track down lone child refugees after the camp was demolished.


“The plan is to remain active and help the small camps that will spring up across northern France afterwards,” he said.

Tom Brake, the Liberal Democrat foreign affairs spokesman, said: “The plight of hundreds of children, a significant number of whom have a legal right to live in the UK, is being ignored. Some have died waiting for our government to act. This is disgraceful.” 

Fonte: The Guardian;

New fears for 1,000 lone children in Calais refugee camp

Up to 1,000 unaccompanied minors will be left to fend for themselves when the so-called jungle camp for refugees in Calais is bulldozed ...
All’inizio di settembre abbiamo ormai superato quota 16.611: 4.000 in più rispetto a tutti quelli sbarcati l’anno scorso, 3.000 in più rispetto a quelli sbarcati in tutto il 2014 (dati Viminale). I numeri del periodo gennaio-giugno di questo 2016 hanno registrato un raddoppio rispetto allo stesso periodo del 2015: in tutto 11.600 i minori sbarcati in Italia fra gennaio e giugno 2016 (dati Save the Children), di cui 10.500 non accompagnati (il 90%), contro i 6.500 minori sbarcati di cui 4.400 “non accompagnati” fra gennaio e giugno 2015. È la piccola “invasione”, questa sì, dei minori stranieri non accompagnati (MSNA): una cittadina di provincia popolata di under 18 migranti e rifugiati arrivati senza adulti che ne siano responsabili.
Quattro su dieci in Sicilia

A fine luglio, certifica l’ultimo bollettino del ministero del Lavoro e delle politiche sociali, quelli “presenti e censiti” nel nostro Paese erano 12.708: soprattutto egiziani (2.605), seguiti dai gambiani, dagli albanesi, dagli eritrei e dai nigeriani. Gli “irreperibili”, cioè i MSNA che avevano abbandonato i servizi di accoglienza, erano ben 5.315 (il 40% dei presenti e censiti): qui si trattava soprattutto di egiziani (1.218 minori), somali, eritrei e afghani.

Per il 94% maschi, in realtà chiamare i MSNA “bambini” è in genere inesatto: oltre otto su 10 sono adolescenti di 16-17 anni. Ma uno su 10 è un quindicenne e un altro uno su 10 ha meno di 14 anni.

Presenti o irreperibili, questi ragazzi hanno trovato in Italia un “sistema” d’accoglienza in affanno, impreparato e gravemente carente. Oggi il 40% dei MSNA presenti è concentrato in Sicilia. La seconda regione per numero di presenze è ancora del Sud, la Calabria (8%), seguita dalla Lombardia (7%).
L’Intesa è lontana

Ormai più di due anni fa, l’Intesa in Conferenza unificata del 10 luglio 2014 aveva sancito l’impegno del governo alla seconda accoglienza di tutti i MSNA, richiedenti asilo e non, nei progetti del sistema SPRAR «adeguatamente potenziato e finanziato» (un impegno diventato legge nella n. 190/2014, art. 1 comma 183). Però di fatto i posti SPRAR riservati ai MSNA sono arrivati solo a 1.838 (fonte ANCI-Cittalia, luglio 2016): appena un settimo dei MSNA oggi presenti e censiti.

Tuttavia il quadro della situazione è stato approfondito e denunciato senza reticenze solo negli ultimi mesi, più che dal rapporto istituzionale ANCI-Cittalia di luglio (fermo tra l’altro, con il grosso dei suoi dati, al 2014), dalle ultime indagini sul campo di Oxfam Italia e Save The Children. Le due ONG, ognuna nell’edizione integrale di un proprio rapporto, hanno raccolto tra l’altro numerose testimonianzedirette di MSNA (e rivolgono alle istituzioni una nutrita serie di richieste e “raccomandazioni”).


«Nonostante l’impegno della società civile e di molti Comuni e Regioni, il sistema di accoglienza italiano appare ancora inadeguato a tutelare i minori non accompagnati e i loro diritti», ha sintetizzato Oxfam Italia presentando in queste settimane il rapporto Grandi speranze alla deriva.

I centri dove vige l’“approccio hotspot”, come i CPSA di Pozzallo e Lampedusa, «si trovano in una condizione cronica di sovraffollamento e non offrono servizi adeguati, nemmeno dal punto di vista igienico-sanitario».

Per l’insufficienza di posti nella seconda accoglienza, in Sicilia, «soprattutto quando gli sbarchi si fanno più frequenti, i minori stranieri restano bloccati nelle comunità di prima accoglienza, quando non direttamente nei centri dove è attivo l’approccio hotspot (dove per legge non potrebbero essere confinati oltre le 48-72 ore), in attesa che si liberi un posto in seconda accoglienza».

Ancora, «altri minori hanno parenti in altri Paesi europei e non desiderano fermarsi in Italia. Inevitabili le conseguenze. In diversi fuggono dai centri di accoglienza e si ritrovano a vivere per strada, trovandosi così esposti a rischi ancora maggiori. Un quadro che mette in evidenza l’inadeguatezza dell’approccio europeo e italiano al fenomeno migratorio».
AAA Piccoli “schiavi” cercansi


«Rispetto al totale dei minori non accompagnati arrivati nel 2015 – riferisce l’ONG nel suo dossier –, quasi 5.400 erano originari di Paesi come Eritrea, Somalia, Siria, Palestina e Afghanistan, giunti in Italia con il preciso obiettivo di raggiungere altri Paesi del Nord Europa e perciò determinati ad abbandonare quasi subito le strutture di prima accoglienza per proseguire da soli, tramite il supporto dei trafficanti, il loro viaggio verso il Nord Europa, con il rischio di finire in circuiti di grave sfruttamento».Intanto, Save the Children aveva già aggiornato il suo costante monitoraggio sui Piccoli schiavi invisibili. I minori vittima di tratta e sfruttamento: chi sono, da dove vengono e chi lucra su di loro. Una parte di questi ragazzi sono i MSNA che il “sistema” italiano non riesce a trattenere, per via dei loro “progetti migratori” o delle “reti” in cui sono invischiati, ma anche per la sua inadeguatezza.

Save the Children registra «la presenza in Italia di ragazze sempre più giovani di nazionalità nigeriana e rumena, costrette alla prostituzione su strada o in appartamenti».

Mentre attraverso le sue unità mobili e di outreach Save the Children «ha intercettato anche gruppi di minori egiziani, bengalesi e albanesi inseriti nei circuiti dello sfruttamento lavorativo e nei mercati del lavoro in nero, costretti a fornire prestazioni sessuali, spacciare o commettere attività illegali. Come emerge dalle testimonianze di questi ragazzi e ragazze, in Italia rimane alta la domanda di persone costrette a forme assimilabili alla schiavitù. Sono per lo più adolescenti che spesso lavorano per strada sotto gli occhi di tutti».
MSNA: cantiere normativa & bandi, lavori in corso


È del 1° settembre (G.U. 8 settembre) il DM “Istituzione di centri governativi di prima accoglienza dedicati ai minori stranieri non accompagnati”.È stato prorogato al prossimo 28 settembre il termine per la presentazione di progetti a valere sull’avviso FAMI(Fondo asilo, migrazione e integrazione) per il “Potenziamento della capacità ricettiva del sistema di seconda accoglienza dei Minori Stranieri non Accompagnati (MSNA)”.

È criticabile e criticato l’art. 1-ter “Misure straordinarie di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati” del DDL di conversione in legge del DL 24 giugno 2016, n. 113 sulle “misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio”, approvato dalla Camera il 21 luglio 2016. Ma data la situazione, permetterebbe comunque di distribuire meglio i MSNA sul territorio nazionale, alleggerendo le regioni del Sud.

Ma intanto, come ricorda Save the Children, questo 2016 ha registrato «un fatto importante per il contrasto alla tratta e allo sfruttamento in Italia»: nel Consiglio dei ministri del 26 febbraio il governo ha finalmente adottato il Piano nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani (PNA)».
“Ripartizione equilibrata”, una modesta proposta

Il cartello “lavori in corso” continua ad essere appeso anche sul piano per una ripartizione equilibrata di richiedenti asilo nei Comuni italiani: se ne parla e se ne discute da mesi. (vedi qui; qui invece la mappa della situazione attuale realizzata dal quotidiano La Stampa).

Ma se questa benedetta ripartizione iniziassimo a sperimentarla seriamente proprio con un piano ad hocper i MSNA? Invece del totale delle 158 mila persone oggi in accoglienza, qui si tratterebbe, lo abbiamo visto, di appena 12.700 ragazzi e bambini. Almeno così ce la potremmo fare, prima o poi.

Minori non Accompagnati un “sistema” d’accoglienza in affanno. Le insufficienze, lo sfruttamento. E una proposta...

All’inizio di settembre abbiamo ormai superato quota 16.611: 4.000 in più rispetto a tutti quelli sbarcati l’anno scorso, 3.000 in più ris...
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