Respingimenti automatici dalla Francia all'Italia, questa è la denuncia di Amnesty France, secondo cui i migranti che arrivano dalla frontiera Sud -Est della Francia vengono respinti verso l'Italia, compresi i minori non accompagnati. L'ONG denuncia che la situazione dei migranti non viene in alcun modo esaminata, come previsto dalla legge, quindi in palese violazione del diritto d'asilo.
Jean-François Dubost, che ha coordinato una missione di monitoraggio di Amnesty International France a fine gennaio nella zona frontaliera tra Francia e Italia sostiene che "Esiste un quadro legale e questo quadro va rispettato" e "Le persone controllate alla frontiera si ritrovano in grande maggioranza private di qualsiasi possibilità di far valere i loro diritti, in particolare quello di chiedere asilo". L'Ong in un comunicato evidenzia che "i bambini sono respinti allo stesso titolo degli adulti, in modo sbrigativo e senza possibilità di esercitare il loro diritto e senza neppure essere accompagnati" da un adulto. In base a dati, testimonianze dirette e di legali, le autorità francesi esercitano "una interpretazione illegale della nozione di minore non accompagnato, ritenendo che un minore non lo sia, dal momento in cui è circondato da adulti". Cosa "chiaramente non accettabile", sottolinea Jean-François Dubost.

La Francia respinge verso l'italia i Migranti, compresi i minori non accompagnati.

Respingimenti automatici dalla Francia all'Italia , questa è la denuncia di Amnesty France , secondo cui i migranti che arrivano dalla...
Per i Minori Non Accompagnati, tutela umanitaria nel più breve tempo possibile, lo ha ribadito la Cassazione nella sentenza 1835 della Sesta sezione civile che si occupa proprio di minori stranieri non accompagnati. Gli ermellini spiegano che il caso dei minori migranti non accompagnati non va confuso in alcun modo con quello dei minori in stato di abbandono. Affermano che è necessario che il Tribunale di competenza più vicino al luogo dello sbarco o del luogo in cui il minore è segnalato nomini nell’immediatezza un Tutore che li assista nelle pratiche per la richiesta di protezione internazionale e per il rilascio del permesso di soggiorno, applicando semplicemente le norme sull’accoglienza dell’agosto 2015.
La Suprema Corte spiega che il caso dei minori non accompagnati non va confuso con quello dei minori in stato di abbandono, quindi l’iter non va indirizzato verso l’applicazione delle norme sull’adozione, di competenza dei tribunali per i minorenni, perché non si tratta di minori in stato di abbandono.
I Giudici della Suprema Corte danno indicazioni precise al Tribunale di Marsala che sosteneva la competenza del Tribunale Minorile sui minori sbarcati. La Cassazione con la sentenza 1835 spiega che i msna sono i più vulnerabili fra i vulnerabili, quindi hanno bisogno di assistenza rapida, «la risposta deve essere quella della tutela umanitaria» e deve essere data «nel più breve tempo possibile».
La sentenza in questione, come il richiamo arrivato qualche giorno fa all’Italia dal Consiglio d’Europa circa la scarsa tutela riservata ai minori e alle donne migranti, dovrebbe spingere il legislatore ad accelerare i tempi di approvazione della legge che mira ad armonizzare il sistema, ferma al Senato ormai da troppo tempo.

Leonardo Cavaliere


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Minori Non Accompagnati, tutela umanitaria nel più breve tempo possibile

Per i Minori Non Accompagnati , tutela umanitaria nel più breve tempo possibile , lo ha ribadito la Cassazione nella sentenza 1835 della ...
Il petrolio passa noi no - Francesco Piobbichi - Mediterranean Hope
“Ci rubano il lavoro” però “non fanno niente tutto il giorno”.
“Stanno negli hotel a cinque stelle” però “dormono in mezzo alla strada”.
“Il freddo tempra, gli fa bene”
“Hanno tutto: il wi-fi, i telefonini” ma “rubano nelle case”.
“Il nostro Stato li ha abituati a caserme di lusso”, (cosa vorrà mai dire, chissà) ma “loro” - sì sempre loro – “ci rubano le case popolari”.
E poi: “Le case popolari ai clandestini, anche se non è dato sapere come abbiano fatto ad iscriversi alle graduatorie essendo irregolari.
Stanno in ciabatte perché è: “loro uso e costume” ma “hanno vestiti firmati, cibo e cure gratuite”.
“Se stavano al loro paese almeno era caldo e mangiavano quello che piace a loro. Vanno rimpatriati tutti”.
E poi, “Cosa vogliono? Le scimmie sono senza ciabatte”.

Infine terremotati e migranti.
“I terremotati italiani dormono al freddo nelle tende, mentre questi schifosi parassiti di falsi profughi dormono in hotel al caldo”.
“I terremotati come vivono? Quanti gradi ci sono adesso lì da loro? Ci dobbiamo preoccupare della nostra gente, no di questi intrusi approfittatori arroganti , non fanno altro che lamentarsi pretendere e ribellarsi.”

Per non parlare degli insulti a chi ha scritto l’articolo: “Scribacchina, testa di cazzo, pennivendola, vai a fare altro, ignorante, cazzara, andate voi a tenerli al caldo”.

Questi sono una parte dei cinquecento commenti all’articolo pubblicato su La Stampa il 14 gennaio, sulle condizioni di vita dei minori stranieri non accompagnati, ammassati, da agosto in una palestra a Reggio Calabria. Un collage di frasi, opinioni e stereotipi, illogici e incoerenti: “Ci rubano il lavoro” però “non fanno niente tutto il giorno”, “Stanno negli hotel a cinque stelle” però “dormono in mezzo alla strada”-, che sempre di più si leggono e si ascoltano. In qualsiasi contesto e circostanza.

Non destano sorpresa ma certamente incutono timore per la deriva che queste parole possono avere nei comportamenti quotidiani e negli atteggiamenti futuri. E dovrebbero interrogarci, in primis, a noi giornalisti, che ricopriamo un ruolo nel raccontare, fare informazione e creare coscienza.

Avrei dovuto NON scrivere le storie di chi ha attraversato il deserto, è passato dalla Libia, è stato torturato, picchiato e oggi si ritrova rinchiuso in una palestra da mesi, senza assolutamente niente?
Avrei dovuto ignorare le voci di persone che – esattamente come altri milioni – partono, lasciano la famiglia e il proprio paese, per cercare di costruirsi un futuro migliore da un’altra parte?
Avrei dovuto parlare anch’io dei terremotati – persone - che stanno al freddo al gelo, invece dei minori stranieri – sempre persone – che stanno anche loro al freddo e al gelo?

Per me la sofferenza umana non ha colore né nazionalità. Gli ultimi saranno sempre gli ultimi: terremotati, migranti, sfrattati o precari. Vomitare la propria rabbia e le proprie frustrazioni contro il più debole è la soluzione più semplice e immediata ma serve solo a scatenare una guerra tra poveri. Ultimi contro ultimi, sfruttati contro sfruttati. E’ forse allora giunto il momento che anche noi giornalisti iniziamo a spiegare con un altro linguaggio la complessità dei fenomeni, perché la libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero ma nella comprensione delle sfumature. Dobbiamo approfondire, raccontare le cause e porre domande.

Se una persona non possiede una casa, sarà forse colpa di chi è più povero di lui? O sarà responsabilità di chi dovrebbe costruire più alloggi popolari?

Se una persona ha perso il lavoro, sarà forse colpa di chi lavora nei campi per quindici euro al giorno, senza tutele sindacali e sanitarie?
O sarà forse responsabilità, anche di quelle imprese italiane, che hanno scelto di andare a produrre all’estero per guadagnare di più, sfruttando il minor costo della manodopera?

Se c’è un terremoto, sarà colpa di chi arriva via mare? O sarà responsabilità di chi ha scelto di non proteggere il territorio, di costruire e spalmare quintali di cemento armato per i più biechi e meschini profitti?

Se siamo così stufi di LORO e vogliamo rimpatriarli, allora mi domando, perché non proviamo lo stesso sdegno quando le nostre imprese vendono armi che serviranno a fomentare altre guerre? Non vogliamo più profughi? Allora iniziamo a far parte di un movimento per la pace.

Perché la stessa rabbia e indignazione non la riversiamo anche verso quelle multinazionali straniere che acquisiscono il cosiddetto “made in Italy”? Perché non proviamo lo stesso sdegno quando le nostre imprese vendono armi che serviranno a fomentare altre guerre?

Perché accettiamo che fondi finanziari e immobiliari cinesi, delle isole Cayman, o di altri paradisi fiscali esteri acquistino le colline della Toscana, i palazzi storici romani e le coste sarde? Perché gli stranieri vanno bene quando entrano all’interno delle boutique di Prada, Armani e Gucci?

Perché sono ricchi. Gli stranieri vanno bene quando sono ricchi. Questa è la verità. Se i migranti sono poveri ci fanno schifo. Non è questione di nazionalità. E’ questione di classe.


(giornalista freelance con base a Beirut - Libano)



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RIFLESSIONI SUI MIGRANTI, SUI RICCHI E SUI POVERI

Il petrolio passa noi no - Francesco Piobbichi - Mediterranean Hope “Ci rubano il lavoro” però “non fanno niente tutto il giorno”. “...
Foto Francesca Del Giudice
Quanto arrivo nell’ex stazione ferroviaria di Belgrado, una fila interminabile di uomini è in attesa del pranzo, disposti ordinatamente uno davanti all'altro e avvolti nelle coperte grigie donate da UNHCR. I volontari di Hot Food Idomeni, gruppo di ragazzi e ragazze provenienti da tutta Europa, dalle 12.30 alle 14.30 distribuiscono l'unico pasto al giorno ai migranti che stazionano lì, nell'inferno di Belgrado, consistente in una zuppa calda di verdure e legumi e qualche fetta di pane.
Subito mi rendo conto della presenza massiccia di minori, provenienti per lo più dall’Afghanistan e dal Pakistan. Nella fila c’è un ragazzino che trema di freddo, non ha la coperta e ha perso la sua giacca, altri sono con gli infradito e mi chiedono se posso donare loro delle scarpe. Io sorrido e mi informo subito se ci sono donatori, persone che portano beni. I migranti mi dicono di no, e solo dopo qualche ora scopro che, oltre all'aiuto di piccoli gruppi di cittadini attivi, i migranti sono davvero abbandonati a loro stessi, senza alcuna prospettiva, senza alcun supporto. Un aspetto che mi sconcerta particolarmente è che la maggior parte degli abitanti di Belgrado è ignara di questa situazione: nonostante i media ne stiano parlando di continuo, nonostante stiano a pochi minuti dal centro della città, c'è un totale disinteresse a conoscere, un'assenza di informazione e passaparola. Mi sfugge la motivazione.
Faccio un giro nei due capannoni principali: dismessi, nel giro di qualche mese sono diventati delle vere e proprie discariche. Ci si trova di tutto, da scarti di cibo al fango, da lattine ad escrementi, dai topi ai piccioni. E proprio all’interno di questi stabili, dalla fine della scorsa estate, vivono migranti in transito, che scappano dai loro paesi per raggiungere l’Europa, "the safe place". Incontro Yarouf, un ragazzo di 17 anni, in viaggio con il cugino, suo coetaneo, mi dice che tre anni fa è stato in Italia "Sono andato a Bari, a Brindisi, a Foggia, a Roma e a Milano. Sono andato poi in Francia, a Parigi. Guarda - mostrandomi le foto sul suo telefono - questo era il mio tutor francese e qui quando siamo andati sulla Tour Eiffel". Poi, con un po' di tristezza, mi dice "alla fine del viaggio sono tornato a casa, in Afghanistan, perché avevo un negozio, che ora non esiste più" e mi fa vedere quello che era il suo lavoro, uno store di gioielli, in perfetto stile medio orientale. Lui, ragazzo con una vita normale, aveva deciso di viaggiare in Europa tre anni fa. La stessa Europa che oggi gli volta le spalle. La stessa Europa che non vuole accoglierlo.
Continuo il mio giro, immersa in quella nube di fumo causata dai fuochi perennemente ardenti, unica fonte di calore che riesce a spezzare il gelo che cade su Belgrado. Incontro occhi, tanti occhi di chi ha sofferto ma che è ancora in piedi, occhi di chi preserva ancora la propria dignità, occhi di coraggio e determinazione, che ricambiano il mio sguardo. Si crea subito un'intesa, si fa presto a scambiare parole: tutti mi chiedono come stia, e alla mia domanda "e tu come stai?" c'è chi mi dice "sì, sto bene", chi inizia subito a raccontare la propria storia: molti sono arrivati da mesi, chi da 3 chi da 4 chi da 6. C’è chi ha provato la notte precedente ad attraversare la frontiera, con la polizia ungherese pronta a rispondere con violenza, chi invece chiede come è la situazione alla frontiera e quando l’Europa deciderà di farli passare. Dopo poche ore, mi si avvicina un ragazzo, esile esile e con gli occhi tanto vispi. Mi sorride, gli chiedo il nome e l'età. Lui è Salamola, 15 anni, afghano, capelli lunghi, appiccicati al viso, "ieri notte ho provato ad attraversare la frontiera" - mi racconta - "la polizia mi ha spruzzato qualcosa negli occhi e sono svenuto. Ora ho un grande problema agli occhi", lo accompagno fuori, a prendere un po' di aria fresca. L'istinto di abbracciarlo è forte, quel ragazzino è uno dei tantissimi minori che viaggiano da soli: partito dalla sua casa, vuole raggiungere un parente in Germania. Affabile, si crea immediatamente un legame speciale tra noi due.
Foto TheGuardian
Mi invita a vedere la sua "doccia" (uno dei tanti barili che i migranti riempiono di acqua presa chissà dove) e con fare ironico mi chiede "è bella, vero?" e io, spontaneamente sarcastica, gli dico che è la più bella doccia che abbia mai visto! Lui ride, mentre io mi sento terribilmente impotente. Dopo due anni di attivismo con i migranti, dopo due anni che mi occupo di accoglienza, con l'associazione Baobab Experience, mi rendo conto di quanto i 60mila migranti che son passati a Roma siano stati e siano fortunati ad aver incontrato persone come noi, un gruppo di volontari che si dedica a loro, andando oltre al mero assistenzialismo, facendoli sentire parte integrata e integrante di un gruppo. A Belgrado, la vita scorre lenta, soprattutto per il clima rigido. Molti preferiscono trascorrere il loro tempo intorno al fuoco a chiacchierare, immagino del loro passato e chissà forse dei loro sogni, altri fanno delle passeggiate nei dintorni, vanno al market ad acquistare qualcosa da mangiare e da bere, oppure, specialmente i più piccoli, passano del tempo a sfidarsi a Tochmdjangi, il gioco con le uova che consiste nel riuscire a rompere il guscio dell’uovo dell’avversario con il proprio uovo. Prima di andare via incontro di nuovo il piccolo Mowgli, Salamola, che mi invita a vedere la sua stanza. È pazzesco come questo ragazzino di 15 anni riesca ad essere sempre sorridente e positivo, nonostante viva in quel luogo disumano. Vado con lui, mi mostra il suo “letto”: un angolo di un quadrilatero delimitato da assi di legno. In quello stesso spazio dormono altre 5 persone, ognuna delle quali si è ritagliato lo spazio necessario per allungare almeno i piedi. La mattina seguente torno al campo, vedo un gruppo di persone intente a parlare con dei referenti di CRPC (Crisis Response and Policiy Center): stanno distribuendo un foglio di carta che riporta la notizia di un centro a Obrenovac, a 20 minuti da Belgrado, dove è possibile avere cibo, vestiti, doccia, letto e assistenza medica. Per primi verrebbero trasferiti proprio i minori e i migranti con evidenti problemi di salute. “Freedom of movement” è scritto a caratteri cubitali: è proprio questo che blocca i migranti a voler andare nei centri istituzionali, il non poter ripartire quando vogliono, il non potersi spostare, perché bloccati, registrati nel posto in cui non vogliono rimanere.Molti sono scoraggiati, mi chiedono se è giusto andare, cosa ne penso. Rispondo che secondo me devono almeno provarci, è un posto al chiuso, possono almeno dormire in un letto, cambiarsi i vestiti, farsi una doccia. C'è chi si lascia convincere, chi resta dell’idea di non andare. Cerco Salamola, voglio salutarlo per l'ultima volta: mi dice, tenendo lo spazzolino in mano, che è il momento della doccia. Contento, si avvia verso il suo barile e mi dice “ci vediamo dopo”. Prima di andare via, un ragazzo mi ferma e mi chiede "cosa pensi di tutto questo?", non riesco a trovare la parola giusta e commento con un "penso che sia incredibile". Lui mi ringrazia, mi stringe le mani e mi sorride.

Francesca Del Giudice


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Minori non Accompagnati, dimenticati al gelo di Belgrado.

Foto Francesca Del Giudice Quanto arrivo nell’ ex stazione ferroviaria di Belgrado , una fila interminabile di uomini è in attesa del p...

La Giornata mondiale del migrante e del rifugiato  di domenica 15 gennaio  2017 è stata dedicata da Papa Francesco ai «migranti minorenni, vulnerabili e senza voce».  In Italia sono  giunti via mare 25.846 minori non accompagnati nel 2016.  Nel messaggio per la 103esima giornata mondiale del migrante e del rifugiato, Papa Francesco scrive "Rivolgo a tutti un accorato appello affinché si cerchino e si adottino soluzioni durature" per affrontare la questione dei migranti minorenni "alla radice”. Questo concetto è stato ribadito con forza anche nella conferenza di presentazione, da Mons. Galantino.
 Mons. Galantino ha sottolineato la necessità di una legge che tuteli i minori non accompagnati, non destinandoli a nuovi orfanatrofi, ma a case famiglia e a famiglie affidatarie. Il grande problema è l’integrazione, basta poco, anche un invito a cena per un minore non accompagnato che lo faccia sentire inserito nel tessuto sociale. C’è molta buona volontà da parte di tante generose famiglie italiane, ma non si sa a chi rivolgersi e non si hanno interlocutori. In ogni caso ci si può rivolgere ai Servizi sociali del proprio comune di residenza dove ci siano Centri per minori. Si può dare la propria disponibilità per diventare tutori di un minore o per una semplice accoglienza nella quotidianità che non comporta né affido, né adozione. È il “sì” ad un’accoglienza diffusa.

Il messaggio del Papa che parla di  "Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce", parla dei più piccoli che sono tre volte indifesi "perché minori, perché stranieri e perché inermi, quando, per varie ragioni, sono forzati a vivere lontani dalla loro terra d'origine e separati dagli affetti familiari".
"Tra i migranti - spiega - i fanciulli costituiscono il gruppo più vulnerabile perché, mentre si affacciano alla vita, sono invisibili e senza voce: la precarietà li priva di documenti, nascondendoli agli occhi del mondo; l'assenza di adulti che li accompagnano impedisce che la loro voce si alzi e si faccia sentire. In tal modo, i minori migranti finiscono facilmente nei livelli più bassi del degrado umano, dove illegalità e violenza bruciano in una fiammata il futuro di troppi innocenti, mentre la rete dell'abuso dei minori è dura da spezzare".
"È assolutamente necessario - afferma ancora il Papa - affrontare nei Paesi d'origine le cause che provocano le migrazioni. Questo esige, come primo passo, l'impegno dell'intera Comunità internazionale ad estinguere i conflitti e le violenze che costringono le persone alla fuga".
Monsignor Guerino Di Tora, intervenendo alla presentazione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato ha detto che i minori migranti “saranno il futuro della società”, chiamati insieme agli altri “a costruire un mondo di umanità e di pace, che oggi non sperimentano e dal quale quindi debbono fuggire”.


Il messaggio in questa giornata è non rimanere impassibili e non voltare  le spalle a questa terribile tragedia. Non è più il momento di avere sensi di colpa, né di provare terrore o tristezza. Le migrazioni sono  un fenomeno strutturale ed estremamente complesso e come tale dovrà essere affrontato. Nonostante la rappresentazione  spesso distorta, il fenomeno migratorio non va percepito  come una caotica invasione. Non si tratta di un male che contaminerà la nostra cultura, anzi un’opportunità.


Leonardo Cavaliere



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«Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce»

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