GIURISPRUDENZA

In questa pagina potete trovare una raccolta delle più recenti sentenze riguardanti i minori stranieri non accompagnati. For the reporting of new national and international judgments, please write to:minoristranierinonaccompagnati@gmail.com

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Mineurs isolés étrangers : les apparences pour preuve


I DIRITTI DEI MINORI
RASSEGNA DI NORMATIVA E GIURISPRUDENZA NAZIONALE E INTERNAZIONALE

Età, radiografia del polso, individuo, determinazione, accertamento


SENTENZE DEL GIUDICE PACE 

Giurisprudenza europea della corte dei diritti dell'uomo 


Corte di Giustizia dell'Unione europea, sentenza dd. 06.06.2013
Competente è lo Stato in cui lo straniero minore non accompagnato ha presentato l'ultima istanza.
L'interesse preminente del minore vieta il trasferimento verso gli altri Stati membri.




---  Centro d’informazione su razzismo e discriminazioni in Italia (C.I.R.D.I.), con un‘ordinanza depositata il 14 giugno scorso, il Tribunale di Pescara ha dichiarato cessata la materia del contendere in relazione ad un ricorso/azione giudiziaria anti-discriminazione inoltrato da due coniugi, affidatari di un minore senegalese giunto in Italia non accompagnato, i quali ne avevano chiesto il tesseramento ad una società calcistica per l’esercizio dell’attività sportiva. Tale tesseramento era stato inizialmente rifiutato dalla F.I.G.C. (Federazione Italiana Gioco Calcio) sulla base degli artt. 19 e 19 bis del Regolamento FIFA sullo status e trasferimento dei giocatori. Tali norme del Regolamento FIFA risponderebbero alla finalità di contrastare il fenomeno del trafficking internazionale di calciatori di minore età, in quanto succede talvolta che tali minori, una volta compiuta la maggiore età, qualora non riescano ad inserirsi nella carriera calcistica professionistica, vengono abbandonati dalle società e dunque si trovano privi di possibilità alternative di inserimento sociale per la mancanza di una formazione scolastica o professionale parallela a quella calcistica. Gli affidatari del minore senegalese avevano dunque promosso un’azione giudiziaria anti-discriminazione avverso il diniego opposto dalla FIGC, sostenendo che l’interdizione alla pratica sportiva del minore costituiva un comportamento discriminatorio fondato sulla nazionalità. Nelle more del procedimento giudiziario, e prima dell’ udienza fissata dal giudice del tribunale di Pescara, la FIGC rivedeva la sua decisione, revocando la decisione iniziale e acconsentendo al tesseramento del minore. Pur dichiarando cessata la materia del contendere, il giudice nell’ordinanza sottolinea che non appare legittima l’applicazione delle norme di cui agli artt. 19 e 19 bis del Regolamento FIFA nelle situazioni in cui il minore straniero extracomunitario, giunto in Italia non accompagnato dai genitori, venga successivamente affidato ex art. 5 della legge n. 183/1984, in quanto gli affidatari sono chiamati conseguentemente a svolgere per legge le funzioni dei genitori. Ne consegue, pertanto, che l’impedimento tout court all’attività sportiva, previsto dal Regolamento FIFA, con relativa compressione del libero esercizio di un diritto, appare una misura sproporzionata rispetto agli obiettivi che la norma stessa si prefigge.

--- TAR Piemonte, Sezione Seconda, Sentenza del 21 marzo 2012, n. 352

E’ illegittimo il provvedimento con cui è stato disposto il rigetto della domanda di conversione del permesso di soggiorno da minore età ad attesa occupazione. Il caso di specie va regolato in base alla formulazione dell’art. 32 nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dalla legge n. 94/2009 e ciò perché, in applicazione del canone tempus regit actum, l’istanza volta alla concessione del titolo è stata avanzataall’Amministrazione in un momento in cui non era ancora intervenuta la novella legislativa più restrittiva, a nulla evidentemente rilevando che l’atto definitivo sia stato adottato successivamente.






LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), così come modificati dalla lettera v) del comma 22 dell'art. 1 della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 10, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, parametro l'ultimo, evocato con riguardo all'art. 2, lettera h), della direttiva 27 gennaio 2003, n. 2003/9/CE (Direttiva del Consiglio recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri), e dell'art. 1, comma 1, della risoluzione CE del 26 giugno 1997 (Risoluzione del Consiglio sui minori non accompagnati, cittadini di paesi terzi), nonché al principio di "sviluppo e consolidamento dello Stato di diritto", dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, con le ordinanze indicate in epigrafe.



Diniego di conversione del permesso di soggiorno per motivi di minore età in permesso di soggiorno per lavoro subordinato.
--- Tribunale Amministrativo Regionale Liguria - Genova Sezione 2 Sentenza del 16 giugno 2011, n. 971 ---
Il ricorrente cittadino albanese è entrato in Italia minorenne, è stato posto sotto la tutela di uno zio, ottenendo il permesso di soggiorno per motivi familiari ed ha chiesto ora la conversione di questo in permesso per ragioni di lavoro subordinato, in quanto divenuto maggiorenne e regolarmente assunto come apprendista muratore.Detta domanda è stata respinta dalla Questura della Spezia per non aver partecipato l'interessato ad un progetto biennale di integrazione sociale, prescritto dall'art. 32 co. 1 bis D.Lgs. 286/98 per i minori entrati in Italia senza il proprio nucleo familiare.Con il primo motivo l'Ar. si duole che la P.A. abbia fatto applicazione nei suoi confronti delle previsioni prima richiamate, valide a suo parere solo per i cosiddetti minori non accompagnati e quindi affidati secondo le regole di cui all'art. 2 L. 184/83 perché privi di ambiente familiare idoneo, mentre il suo caso rientrerebbe nel seguente art. 4 della stessa L. 184/83, ossia tra quelli in cui il minore ha goduto di un ambiente familiare, nel caso rappresentato dallo zio al quale era stato affidato dai servizi sociali di Arcola con provvedimento approvato dall'autorità giudiziaria.Il motivo è infondato.La legge n. 184/83 ed il D.Lgs. 286/98 non differenziano i minori stranieri secondo le categorie indicate nel ricorso, anzi riuniscono in un unicum minori non accompagnati, affidati ai sensi dell'art. 2 L. 4.5.83 n. 184 e minori sottoposti a tutela: precisamente l'Ar. è entrato in Italia non accompagnato ed è quindi stato affidato allo zio dai servizi sociali ai sensi dell'art. 2, 4 e 5 L. 184/83 e tale provvedimento è stato dichiarato esecutivo dal giudice tutelare del Tribunale della Spezia ai sensi dell'art. 4 stessa L.. Tanto è che l'art. 2 L. 184/83 prevede tale tipo di affidamento e l'art. 4 seguente ne regola il procedimento e quindi tutti i minori stranieri sono assoggettati a quelle specifiche misure di integrazione nel tessuto sociale nazionale (Cons. Stato, VI, 13 maggio 2009 n. 2951).Il ricorso deve peraltro essere accolto per la fondatezza del subordinato secondo motivo.La domanda di permesso di soggiorno per motivi di lavoro è stata presentata il 7 giugno 2010 e la previsione della partecipazione al progetto biennale di integrazione è stata introdotta nel corpo del D.Lgs. n. 286/98 con la L. 94/09 entrata in vigore l'8 agosto 2009: perciò, pur avendo l'Ar. raggiunto la maggiore età dopo quest'ultima data, il 6 giugno 2010, non avrebbe potuto partecipare al momento della domanda di permesso di soggiorno ad un progetto di integrazione sociale della durata minima di due anni, allorché la legge che ha previsto tali progetti era entrata in vigore nemmeno un anno prima. E' evidente che riconoscere in questo caso alla L. 94/09 un'efficacia retroattiva porterebbe all'applicazione di un adempimento impossibile.Dunque, davanti a questo dato di fatto, il Collegio non può che affermare la possibilità della trasformazione del permesso di soggiorno per motivi familiari in permesso di soggiorno per motivi di lavoro per tutti gli stranieri che, pur non avendo partecipato ai progetti in questione, abbiano comunque raggiunto la maggiore età prima o entro due anni dall'entrata in vigore della L. 94/09 (Cons. Stato, VI, n. 2951/09 cit.).Le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti, data la specificità del caso.P.Q.M.Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria - Sezione Seconda -definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.
--- Consiglio di Stato Sezione 6, Sentenza del 6 giugno 2011, n. 3364 ---
--- Tribunale Amministrativo Regionale Piemonte - Torino Sezione 2, Sentenza del 20 maggio 2011, n. 515 ---



L'impugnato diniego si fonda sulla circostanza che il ricorrente "non risulta accompagnato ai sensi dell'art. 31, comma 1, del D.Lgs. 286/98, non rientra in alcuna delle categorie di cui all'art. 32, comma 1, del D.Lgs. 286/98, non risulta destinatario di alcun provvedimento di affidamento ai sensi della L. 4 maggio 1983, n. 184, non può vantare in Italia un soggiorno regolare di almeno tre anni, non può vantare l'inserimento in apposito progetto di integrazione sociale".Tale assunto viene contestato dal ricorrente, il quale ritiene che la Questura avrebbe dovuto considerare che di fatto risultava affidato al fratello Sh.Ar., parente entro il quarto grado.La doglianza ha pregio.Il Collegio non ha motivo, infatti, per discostarsi dalla prognosi di fondatezza formulata nella fase cautelare, atteso che – in effetti - il Questore ha omesso di considerare che il ricorrente risultava di fatto affidato al fratello maggiore Al., parente entro il quarto grado, già regolarmente soggiornante in Italia, in forza della scrittura privata in data 27/6/2006 formalizzata dai genitori innanzi al notaio Va.G. Ma. della Camera notarile di Sh., come si evince, peraltro, dalla lettura della relazione istruttoria in data 30 ottobre 2009 prodotta dalla stessa Amministrazione in ottemperanza all'ordinanza n. 796/i/2009 di questa Sezione.In relazione all'ambito applicativo dell'art. 32 del D.Lgs. n. 286 del 1998 (nella versione antecedente alle modifiche introdotte dalla lettera v) del comma 22 dell'art. 1, L. 15 luglio 2009, n. 94), la giurisprudenza ha chiarito, infatti, che le fattispecie disciplinate da tale norma riguardano situazioni diverse: da un lato, i minori comunque affidati, che rientrano nel comma 1, dall'altro, i minori stranieri non accompagnati, per i quali sono dettate le disposizioni di cui ai successivi commi 1-bis e 1-ter, con la conseguenza che i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno nei confronti dei minori non accompagnati sono diversi da quelli richiesti per attribuire il titolo di soggiorno ai "minori comunque affidati" (cfr. C.d.S., sez. VI, 12 aprile 2005 n. 1681; Tar Emilia Romagna - Bologna, sez I, 23.10.2003 n. 2334; Tar Piemonte, sez. II, 12.07.2006 n. 3814). In particolare, la prima categoria di minori, ai sensi del citato art. 32, comma 1, include: - i minori conviventi con i genitori o con la persona cui sono stati affidati in via amministrativa o giudiziaria (ai sensi dell'art. 31, commi 1 e 2 del D. Lgs. n. 286 del 1998 e dell'art. 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184); - i minori "comunque affidati" ai sensi dell'art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184. Osserva a tal proposito il Collegio che la Corte costituzionale, nella sentenza 5 giugno 2003, n. 198, ha chiarito, per quanto di interesse, che la disposizione di cui al citato art. 32, comma 1, del D.Lgs. n. 286 del 1998, laddove prevede la possibilità di rilasciare il permesso di soggiorno agli stranieri che compiano la maggiore età e che siano in condizione di affidamento ai sensi dell'art. 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, "viene pacificamente interpretata, secondo quanto riconosce anche l'organo remittente, come relativa ad ogni tipo di affidamento previsto dalla legge 4 maggio 1983, n. 184 e cioè sia all'affidamento "amministrativo" di cui al primo comma dell'art. 4, che all'affidamento "giudiziario" di cui al secondo comma dello stesso articolo 4, sia anche all'affidamento di fatto di cui all'art. 9 della medesima legge".Va rilevato, inoltre, che l'art. 9, comma 4, della legge n. 184 del 1983, nel disciplinare le situazioni di abbandono dei minori, impone a chiunque accolga stabilmente nella propria abitazione, per un periodo superiore a sei mesi, un minore del quale non sia parente entro il quarto grado, l'obbligo di segnalare il fatto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni.Secondo la più recente giurisprudenza, condivisa dal Collegio, argomentando a contrario, deve considerarsi, quindi, implicitamente ammessa la convivenza stabile di un minore con uno o più parenti entro il quarto grado, in ciò risolvendosi il cd. affidamento di fatto (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2007, n. 6525 e n. 6501; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, ordinanza 27 marzo 2008, n. 490; Sez. III, 27 maggio 2008, n. 1847; Sez. III, 24 marzo 2009, n. 1969; T.A.R. Lombardia, Brescia, 1 dicembre 2004, n. 1741; TRGA Bolzano 29 gennaio 2009, n. 27; 4 novembre 2008, n. 360).Ne deriva che, ai fini dell'applicazione dell'art. 32, comma 1, del D.Lgs. n. 286 del 1998, la convivenza stabile di un minore straniero con un parente entro il quarto grado può essere in ogni caso ragionevolmente equiparata a quella di un minore affidato ai sensi dell'art. 4 della legge n. 184 del 1983, anche in assenza di apertura del procedimento di tutela (auspicabile nel superiore interesse del minore, anche in caso di affidamento di fatto ad un parente entro il quarto grado).Il signor Pe.Sh. avrebbe, pertanto, dovuto poter beneficiare delle condizioni di rinnovo e conversione del titolo di soggiorno che l'art. 32, comma 1, D.Lgs. n. 286 del 1998, all'epoca vigente, riservava ai minori cd. "accompagnati" ed ottenere il titolo invocato (in termini T.A.R. Piemonte, II, 30 novembre 2001, n. 2259; 24 marzo 2003, n. 454; 11 ottobre 2004, n. 2206; 1 marzo 2005, n. 464; 15 aprile 2010, n. 1917).Il ricorso è da ritenersi, quindi, fondato sotto il lamentato profilo della violazione di legge e disparità di trattamento in relazione all'art. 32 D.Lgs. 286/98, dedotto con il primo ed assorbente motivo di gravame.
Va, dunque, accolto e, per l'effetto, annullato il provvedimento impugnato.
--- Tribunale Amministrativo Regionale Lazio – Roma, Sentenza del 2 maggio 2011, n. 3735 ---
Il decreto della Questura di Roma con il quale si dispone il diniego di conversione del suo permesso di soggiorno per minore età a permesso di soggiorno per attesa occupazione si fonda sui commi 1 e 1 bis dell'art. 32 d.lgs. n. 286 del 1998, che richiedono il compimento di un percorso, almeno biennale, di integrazione sociale e civile presso una struttura appositamente dedicata.Sulla questione relativa alla conversione del permesso di soggiorno per affidamento a permesso di soggiorno per lavoro o attesa occupazione al momento del raggiungimento della maggiore età, di cui all'art. 32 del D.Lgs. 286/98 la giurisprudenza consolidata s'è ripetutamente pronunciata (cfr. tra le tante, Cons. Stato Sez. VI 18/8/2010 n. 5883) nel senso che: a) alla luce dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 198 del 1998, l'art. 32, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998 va interpretato nel senso che il permesso di soggiorno al compimento della maggiore età può essere rilasciato non soltanto quando l'interessato è stato sottoposto ad affidamento amministrativo o giudiziario ai sensi dell'art. 4, commi 1 e 2, della legge n. 184 del 1983, ma anche a tutela ai sensi degli articoli 343 e seguenti c.c. (Sez. VI: 24 aprile 2009, n. 2425; 23 marzo 2009, n. 1710); b) tale conclusione non è smentita dall'introduzione nell'art. 32 del comma 1 bis (ed 1-ter) ai sensi della legge n. 189 del 2002, riferendosi il comma 1 e il comma 1-bis a due fattispecie distinte: il primo, a quella dei minori sottoposti ad affidamento o a tutela, il secondo, a quella dei "minori stranieri non accompagnati", che versano in una diversa situazione e per i quali il legislatore ha richiesto il requisito dell'ammissione al "progetto di integrazione sociale e civile", dovendosi da ciò trarre la conclusione che i requisiti previsti dai due commi sono alternativi e non cumulativi (Sez. VI, 13 aprile 2005, n. 1681); c) il minore sottoposto a tutela dispone del requisito per poter ottenere il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell'art. 32, comma 1, del D.Lgs. 286/98 se non vi ostano i requisiti di cui agli artt. 4 comma 3 e 5 comma 5 dello stesso D.Lgs. n. 286/98. Ne consegue che – facendo applicazione dei suddetti principi – affermati dalla giurisprudenza con riferimento al testo dell'art. 32 del D.Lgs. n. 286/98 anteriore alla modifica intervenuta con la L. 15 luglio 2009 n. 94 – il ricorrente disporrebbe dei requisiti per poter richiedere la conversione del permesso di soggiorno, in quanto la sua posizione sarebbe quindi disciplinata dal primo comma dell'art. 32 del D.Lgs. n. 286/98 non rientrando nel novero dei cosiddetti "minori stranieri non accompagnati" essendo stato sottoposto a tutela con provvedimento del giudice tutelare del 2.7.2009. Con la L. 15 luglio 2009 n. 94, pubblicata sulla G.U. del 24 luglio 2009 n. 170, il Legislatore ha modificato il testo dell'art. 32 commi 1 e 1 bis che consente la ripetuta conversione al compimento della maggiore età solo a condizione che il minore abbia partecipato ad un progetto almeno biennale di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale. Il Collegio ritiene che lo ius superveniens non sia applicabile nella fattispecie. Invero tale norma, secondo la giurisprudenza anche di questa sezione (cfr. TAR Lazio, sez. II quater, 21 ottobre 2010, n. 32944; Cons. Stato, ord. del 15 settembre 2010, n. 4232) non può che essere interpretata in modo che sia effettivamente consentito ai minori la partecipazione a tali progetti. Diversamente opinando la ripetuta legge avrebbe un'inammissibile efficacia retroattiva ed imporrebbe ai minori stranieri un adempimento impossibile (cfr. Cons. Stato Sez. VI n. 2951/09). Ne consegue che il ricorrente, avendo compiuto la maggiore età l'1.2.2010, pur avendo fatto domanda di permesso di soggiorno successivamente all'entrata in vigore della modifica normativa, non avendo avuto a disposizione il tempo minimo necessario per maturare il suddetto biennio, non si trova nelle condizioni previste ai fini della applicazione della nuova disciplina. In definitiva il ricorso è fondato e deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato ai fini della rinnovata valutazione dell'istanza ai sensi del testo previgente dell'art. 32 comma 1 del D.Lgs. 286/98 e quindi a prescindere dalla partecipazione ad un progetto di integrazione sociale e civile almeno biennale. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda Quater, accoglie il ricorso in epigrafe e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato.
--- Tribunale Amministrativo Regionale Lombardia - Brescia Sezione 1, Sentenza del 18 aprile 2011, n. 576 ---

--- Tribunale Amministrativo Regionale Lazio - Latina Sezione 1, Sentenza del 13 aprile 2011, n. 332 ---



--- Tribunale Amministrativo Regionale Friuli Venezia Giulia - Trieste Sezione 1, Sentenza del 8 aprile 2011, n. 195 ---

--- Corte Costituzionale - Sentenza del 25 febbraio 2011, n. 61 --- 
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