In una lettera inviata il 28 luglio 2016, l’ASGI interviene nel dibattito in corso sull’approvazione delle “Misure straordinarie di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati” previste all’articolo 1-ter del disegno di legge di conversione in legge del decreto legge 24 giugno 2016, n. 113, recante misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio, approvato dalla Camera dei deputati il 21 luglio 2016, in queste ore in discussione al Senato.

L’art. 1-ter modifica l’articolo 19 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (cd. decreto accoglienza) che disciplina le misure di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati: viene così previsto che, in presenza di arrivi consistenti e ravvicinati di minori non accompagnati, ove temporaneamente non siano disponibili posti nelle strutture governative di prima accoglienza o nell’ambito dello SPRAR e l’accoglienza non possa essere assicurata dal Comune in cui il minore si trova, il prefetto disponga, ai sensi dell’articolo 11 dello stesso decreto legislativo, l’attivazione di strutture ricettive temporanee esclusivamente dedicate ai minori non accompagnati.

A parere dell’ASGI tale previsione produrrebbe da un lato un forte disincentivo da parte dei Comuni a partecipare allo Sprar, dall’altro una disparità di trattamento a discapito dei MNSA, sotto diversi profili discriminatoria e contraria al superiore interesse del minore, in violazione della nostra Costituzione e della normativa comunitaria e internazionale.

“Le oggettive e rilevanti problematiche derivanti dall’arrivo di un numero molto elevato di minori stranieri non accompagnati in tempi ravvicinati e le gravi difficoltà che le istituzioni italiane stanno incontrando nel garantire adeguata accoglienza a tutti questi minori devono essere affrontate urgentemente, ma non attraverso misure emergenziali che presentano profili di incostituzionalità, bensì nel pieno rispetto della nostra Costituzione e della normativa comunitaria e internazionale in materia.”

L’ASGI fa notare che “la possibilità per un Comune di dare la propria disponibilità all’accoglienza di due o tre MSNA in una comunità per minori, senza impegnarsi nella predisposizione di un progetto SPRAR, potrebbe favorire l’ampliamento del numero di Comuni disponibili all’accoglienza, i quali dopo una prima esperienza limitata, potrebbero aprirsi alla prospettiva di entrare nello SPRAR“.

In particolare l’associazione ritiene opportuno che venga aumentato il numero di posti per MNSA attivati nell’ambito dello SPRAR, attraverso lo stanziamento di adeguati fondi da parte dello Stato e vengano adottate ulteriori misure, in termini di incentivi e/o di previsione di specifici obblighi, volte ad assicurare che i Comuni partecipino a tale Sistema.

Appare urgente – ricorda l’ASGI – ridurre la concentrazione dell’accoglienza dei MNSA in alcune Regioni (la Sicilia ad oggi accoglie circa un terzo del totale dei MNSA presenti in Italia): in mancanza di un meccanismo di distribuzione dell’accoglienza tra le Regioni come previsto per gli adulti attraverso il Tavolo di coordinamento nazionale, l’accoglienza dei msna che non vengono trasferiti nei Centri FAMI ovvero in strutture SPRAR resta a carico del Comune di arrivo/rintraccio.

Al fine di consentire un certo livello di distribuzione dell’accoglienza dei MNSA tra Regioni e Comuni, ASGI auspica che non si ricorra all’attivazione di CAS per minori, promuovendo invece la distribuzione nell’ambito del sistema di accoglienza ordinario, secondo modalità concordate nell’ambito del Tavolo di coordinamento nazionale, d’intesa con la Conferenza Unificata, proponendo la seguente modifica all’art. 19, co. 3 del d.lgs. 142/15 :

“In caso di temporanea indisponibilità nelle strutture di cui ai commi 1 e 2, l’assistenza e l’accoglienza del minore sono temporaneamente assicurate dalla pubblica autorità del Comune in cui il minore si trova, fatta salva la possibilità di trasferimento del minore in un altro Comune, individuato secondo gli indirizzi fissati dal Tavolo di coordinamento di cui all’articolo 16, tenendo in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del minore. I Comuni che assicurano l’attività di accoglienza ai sensi del presente comma accedono ai contributi disposti dal Ministero dell’interno a valere sul Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati di cui all’articolo 1, comma 181, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nel limite delle risorse del medesimo Fondo.”

Nell’auspicare che l’art. 1-ter venga stralciato dal disegno di legge, l’ASGI chiede che si adottino norme e politiche volte a rafforzare e a rendere più efficiente il sistema di accoglienza ordinario dei minori stranieri non accompagnati.

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I Minori Stranieri non Accompagnati

Minori stranieri non accompagnati: le nuove misure sull’accoglienza temporanea sono discriminatorie e incostituzionali

In una lettera inviata il 28 luglio 2016 , l’ASGI interviene nel dibattito in corso sull’approvazione delle “Misure straordinarie di accog...
Sixteen-year-old Hamza, an Afghan refugee, can't shake the memory of another teenager's bloody, dying body on the ground metres from his tent. The victim, also an Afghan refugee aged 16, suffered severe stab wounds and head injuries in a massive brawl.


Fights are a daily occurrence at Elliniko, a sprawling camp complex where 3,200 migrants and refugees, mostly Afghans, shelter in the Greek capital's crumbling former airport and moribund 2004 Olympic venues. It is an overcrowded, squalid space plagued by a lack of adequate food and medical services.


The teen, thought to be staying at Elliniko with relatives, died in a nearby hospital. According to Greek police, three Afghans who had been living in the camp are under investigation for his murder.


"In my country, I saw dead people in the streets," Hamza told IRIN. The young Afghan hadn’t thought that a new life in Europe would bring him more of the same.


In January, Hamza and his uncle had set out for Europe from Kunduz, the northern city briefly overtaken by Taliban insurgents in October.


The pair parted ways in Greece after they encountered a closed northern border. Hamza's uncle paid a smuggler to continue onward, but Hamza’s funds were running low and he had no choice but to stay put. He owns one set of clothes, sleeps on a tattered blanket, and usually eats just once daily.


Alone at Elliniko, Hamza is an "unaccompanied minor", the legal term for those under 18 who have crossed borders without their parents or caregivers. They tend to be males aged 14 to 17, often sent to Europe by their parents as beacons of hope for the family from conflict-torn nations like Afghanistan, Syria, Iraq, and Eritrea.
Detentions and beatings


Human rights groups and Greece's own health agency have declared conditions at many Greek refugee camps unfit for humans. They're especially improper for children and teens.


Their status as minors is supposed to entitle them to special international protections and rights. But in Greece, a safe haven is often nowhere to be found.


Months after braving dangerous voyages by land and sea to reach Europe, they still face threats more akin to warzones. A Human Rights Watch report last week showed that Greek authorities regularly detain unaccompanied, asylum-seeking children in police cells, often for weeks and months. Fifty-six were in police custody as of last weekend.


In Greece, keeping unaccompanied minors in police stations is meant as a temporary, protective measure until a bed can be found within the chronically overstretched shelter network. But the children in HRW's report described the conditions as "unsanitary, overcrowded cells, including dirty blankets and bugs, and lack of access to information or services such as counselling and legal aid." Some had been held longer than 45 days, the legal maximum.


On the Greek islands, hundreds are kept in large detention centres where they cannot come and go freely, and there are accounts of them being beaten by police. A group of Greek lawyers has filed a case with the European Court of Human rights on behalf of four Afghan unaccompanied minors, including one in police detention.
How big is the problem?


Almost 90,000 unaccompanied minors applied for asylum across the EU last year, according to Eurostat – part of the wave of some one million souls to reach the continent by sea.


Slightly more than half of unaccompanied minor applicants were Afghan. Sweden received the largest share with 40 percent, followed by Germany with 16 percent. Just 420 applied in Greece, traditionally a transit country to northern Europe.


But the near-total shutdown of the Western Balkans migration route changed everything. Four months on, Greece is just beginning to take stock of the unaccompanied minors among the 57,000 migrants and refugees stranded within its borders.


“Pre-registration", a joint programme by the Greek Asylum Service and the UN refugee agency, UNHCR, went camp by camp this summer to get everyone in line for an asylum appointment. It uncovered at least 690 unaccompanied minors previously unknown to the government and living among the general refugee and migrant populations.


At present, Greece counts more than 2,000 and only has beds in permanent, long-term shelters for 407, according to the National Centre for Social Solidarity (EKKA), the government agency responsible. The wait is at least three months.


"This is the longest waiting list we've ever had, by far, and it's gone up by 30 percent because of the pre-registration procedure," Christos Hombas, who manages accommodation requests for EKKA, told IRIN. "We are expecting it to go up further."





Greece is scrambling to care for the hundreds of unaccompanied youths no longer able to continue their onward journeys so easily. The country's protracted financial crisis has crippled its ability to scale up.


International aid groups such as UNHCR and Save the Children, along with Greek NGOs Praksis, ARSIS, and Metadrasi, have stepped in to provide temporary "transit shelters" for some 270 minors until they can be placed in a more permanent setting. Another 360 spaces are in the pipeline, including Greece's first foster care programme, which has placed 12 children with families so far. Five open camps on the Greek mainland contain 'safe spaces' for minors. Elliniko, slated to be cleared, is not one of them.


The next phase will be planning for unaccompanied youths' long-term care, as legal options to leave the country are scarce. Only 29 unaccompanied minors have so far been relocated to other EU member states as part of the EU's official relocation mechanism. Afghans and Iraqis are excluded from the programme.
The repercussions


With support still lagging, and without enough access to specialised care in Greece's open camps or the streets, unaccompanied minors suffer greatly in the meantime.


Many experience symptoms of psychological trauma from graphic violence they witnessed back home or during their voyages to Europe. Their current living situations – often overcrowded, unsanitary, and unsafe – do not allow for them to start healing, let alone integrate into a country that could become their new home.


"There's this idea that you can come to Europe and seek refuge, that you can finally take a sigh (of relief)," Shala Gafary, an American lawyer of Afghan descent who came to Greece as a volunteer, told IRIN. "They have not sighed yet. So all of this trauma is not only there, it's bottling up and pressurising."


Their vulnerabilities as youths living alone open them up to threats to their personal safety. Some are being sucked into a seedy underworld of child prostitution, performing sex acts in Pedion tou Areos park in Athens for as little as five euros, according to one recent report.


Formal camps are not much safer. Social workers with the Greek office of Médecins du Monde, as well as ARSIS, told IRIN they had received several reports of physical or sexual abuse among young refugees in camps throughout Greece.


"They come to us and say they're afraid to go back to their camps because someone is abusing or harassing them," said Nancy Retinioti, who heads MDM's social work department in Athens.


Often, the victims are reluctant to share details due to a deep sense of shame. Some attacks are fuelled by alcohol or drug use, which doctors and social workers report is on the rise in both formal and informal refugee shelters. The most common drugs are marijuana or heroin, Retinioti said. Many picked up the habit since arriving in Greece.


"The thing is that in these camps there is no recreation and no operational structure," Retinioti told IRIN. "There are no rules. People come and go. No one knows what is prohibited or allowed."
Anywhere else will do


For many unaccompanied teens, help likely won't come fast enough. Many will turn 18 before the Greek state gets to them, meaning they'll lose their status as minors and any special rights that came with it. This includes the right to shelter in a safe, protective environment as well as a right to family reunion with any immediate family members residing in the EU, via the Dublin III Regulation.


This is the danger for Abbas Ali Nazaree, a 17-year-old living out of a tent in Elliniko's parking lot. He will turn 18 in five months. In Afghanistan, his older brother had worked as a cook for a US contractor on Kandahar airfield. Taliban fighters then threatened him due to his affiliation with the Americans. Eighteen months ago, Abbas said, his brother reached Austria. But Abbas, who set out seven months ago, after the Taliban threatened him too, saw his own trip cut short by the border closures.


"I lost my phone, so I lost my number," Abbas said. He is not sure how the Greek authorities will notify him once it's time for his asylum interview – or if a shelter bed becomes available.


EKKA's Hombas admitted that on his 1,400-strong accommodation waiting list were some 400 like Abbas: youths with whom, for whatever reason, the state has lost contact.


"A lot of them are totally homeless," Hombas said. "They could be in unofficial camps or living in basements. Maybe they have fled Greece."


Not every child has a phone, and those who do sometimes run out of money to buy new SIM cards, so often there is no way for EKKA to follow up on initial requests for shelter.


Many unaccompanied minors end up taking matters into their own hands. Greece's shelters see high rates of runaways. Some are turning to Balkan smugglers, a lucrative business in the wake of tighter European borders. Others are turning to old smuggling routes out of western Greek ports, where refugees and migrants hide under lorries bound for Italy by ferry (A second Human Rights Watch report last week showed that Italy is illegally returning migrant children to Greece). www.irinnews.org






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I Minori Stranieri non Accompagnati

Young, alone, abused. Unaccompanied minors wish they’d never come to Greece

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Aprendo i giornali non si può che essere colpiti dati “titoloni”. Parole che impattano emotivamente, ma che a volte raccontano qualcosa di diverso rispetto all’articolo. Lo straniero fa notizia! Proviene proprio dai media la grandissima responsabilità nel costituire il sentire comune ed il senso dell’immigrazione.
Nel 2008 è entrata in vigore la Carta di Roma, il codice deontologico sui migranti, richiedenti asilo, rifugiati e vittime della tratta, firmato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, in collaborazione con l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR).  Una necessità , in quanto il racconto mediatico inevitabilmente contribuisce a costruire l’immagine dell’immigrato. “Ondata migratoria”, “Sbarco”, “Emergenza” evocano l’immagine dell’invasione da parte di soggetti diversamente titolati. Una analisi della Fondazione Leone Moressa, condotta sulle maggiori testate giornalistiche tra il gennaio e giugno 2014, pone l’attenzione sulle parole più frequentemente utilizzate che posano l’accento sulla provenienza geografica, oppure avvalendosi  dello stato giuridico entro cui vengono collocati: rifugiato, clandestino, esiliato. Così dietro a queste etichettature scompaiono i volti, scompaiono le persone, scompaiono vite.
Gli articoli di cronaca non mancano di indicare l’etnia di chi ha commesso l’atto illecito, fatto che fa costruire nell’immaginario collettivo il binomio “atto illecito= gruppo etnico”.
Dalla cronaca giunge la costruzione dei un percorso irrevocabile per ogni persona che sbarca: gli immigrati sono poveri, che vengono coinvolti in atti di cronaca nera, che vanno ad aumentare la criminalità.
E’ troppo spesso una comunicazione “di pancia”. Analisi di dati, disanima di fenomeni  non viene offerta se non in dossier dedicati, a cui molto spesso il pubblico si sottrae per complessità espositiva e noiosità dei numeri. Ma sono proprio questi che sfatano “il sentito dire”!
Teniamo fermo il concetto per cui una diversità di opinione  non è una brutta cosa: la differenza arricchisce la situazione.
Ascoltare è più importante e produttivo che parlare… Parlare può essere utile per persuadere gli altri delle proprie opinioni. Ascoltare è utile per apprendere nuove informazioni. Ma è lecito fare domande: le domande fanno parte dell’ascolto! E così è necessario imparare a fare domande…Attenzione a non cadere nella trappola della percezione selettiva, che consiste nel recepire le cose in modo tale da suffragare un’idea preconcetta. Questa entra in azione negli stereotipi e pregiudizi: la mente è ancorata a uno schema fisso e rileva soltanto ciò che risponde bene ad esso. Dal pregiudizio e stereotipi derivano emozioni, e quanto le emozioni entrano nella logica delle opinioni esse diventano pericolose.
Così si parla ancora di ondata migratoria, senza tenere in considerazione che è un dato strutturale che riguarda l’Italia da oramai 30 anni. Migrazioni dai prossimi confini dell’est, poi nord africa, poi da un est più lontano…una migrazione mondiale. Perseverare in una narrazione che sostiene la paura dell’alterità, non fa che aumentare i sentimenti di fuga come la xenofobia, la discriminazione e fomentare atti di violenza.
Le generalizzazioni comportano che le medesime etichette valgano per tutti.
Occorre una conoscenza approfondita e una propensione alla dialettica. Parliamo di un “noi” rispetto a “loro”. La voce degli immigrati non è invitata al dialogo, è pur sempre un monologo, volto alla conservazione della nostra cultura e non proteso al confronto. “Questa è casa nostra, o fai quello che dico io o te ne vai”. I social rimbalzano post stereotipati, promossi da soggetti il cui cognome già di per sé rappresenta una migrazione interna rispetto al luogo di residenza. Ma se perdiamo la memoria, se dimentichiamo di raccontare, perdiamo anche le nostre capacità di trasformaci, di adattarci di fronte ai cambiamenti e quindi di sopravvivere. Sarebbe bello proporre, ad alcuni di questi, qualche spezzone del film  L’era glaciale: “ il mondo si sta sciogliendo…”
Imporre ad un immigrato la cultura del Paese in cui comincia una nuova vita, significa snaturarlo. L’annullamento progressivo è esso stesso motivo di alienazione con conseguenze gravi per l’individuo stesso e il presupposto per una ribellione violenza, perché, a tal punto, non si ha più nulla da perdere.
Le parole contribuiscono a creare il presente, quindi a costruire un senso civico. Ci permettono di metabolizzare la realtà e diventano ponti per il futuro.
Sta a noi (o più propriamente ai giornalisti!) scegliere di quali pietre lastricare il nostro cammino.
Dott.ssa Elena Crestani – collabora con l’Università di Ferrara circa lo studio della tematica dei Minori Stranieri non Accompagnati



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“I MIGRANTI CI INVADONO” Lo Straniero fa notizia!

Aprendo i giornali non si può che essere colpiti dati “titoloni”. Parole che impattano emotivamente, ma che a volte raccontano qualcosa d...
I minori stranieri non accompagnati restano i più vulnerabili: nei primi sei mesi dell’anno raddoppiati quelli giunti via mare in Italia (10.524 a fronte dei 4.410 dello stesso periodo del 2015). Tra i più colpiti, ragazze nigeriane e rumene, adolescenti egiziani e minori “in transito”, secondo il Dossier “Piccoli schiavi invisibili” 2016 di Save the Children. L’Organizzazione attiva una nuova helpline telefonica per aiutare i minori a rischio.

I minori vittima di schiavitù e grave sfruttamento nel mondo sarebbero, secondo le stime, un milione e 200 mila. Una vittima di tratta su cinque è un bambino o un adolescente. Una realtà drammatica, che resta però fortemente sommersa, registrando, al di là delle stime e delle proiezioni, un numero molto inferiore di casi realmente identificati. Basti pensare che gli ultimi dati ufficiali disponibili parlano di 15.846 vittime di tratta accertate o presunte tali in Europa, di cui il 15% è un minore[1]. In Italia, sono 1.125 le persone inserite in programmi di protezione e il 7% di loro ha meno di 18 anni.

Sono questi i principali numeri che fotografano il fenomeno della tratta e dello sfruttamento in Italia e nel mondo che emergono dal Dossier 2016 “Piccoli schiavi invisibili – I minori vittime di tratta e sfruttamento: chi sono, da dove vengono e chi lucra su di loro” di Save the Children, l’Organizzazione dedicata dal 1919 a salvare i bambini in pericolo e a promuovere i loro diritti, diffuso oggi alla vigilia della Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani che si celebra il 30 luglio.

La maggior parte dei minori vittime di tratta, però, non rientra in queste statistiche: quello della tratta è un fenomeno estremamente complesso, soprattutto in Italia, che spesso coinvolge minori stranieri non accompagnati, cioè senza adulti di riferimento, molti dei quali sono in transito nel nostro Paese e si spostano da una città all’altra, non consentendone l’emersione e il tracciamento reale. Basti pensare che in Italia, tra gennaio e giugno 2016 sono arrivate via mare 70.222 persone in fuga da guerre, fame e violenze. Di queste 11.608 sono minori, il 90% dei quali (10.524) non accompagnati, un numero più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (4.410 da gennaio a giugno 2015).[2] In particolare, questi ultimi rappresentano un potenziale bacino di sfruttamento per coloro che cercano di trarre profitto dal flusso migratorio, speculando in vari modi sulla vulnerabilità dei più piccoli.

Il profilo dei minori vittima di tratta e sfruttamento in Italia vede una presenza significativa di ragazze nigeriane, rumene e di altri Paesi dell’Est Europa, sempre più giovani, costrette alla prostituzione su strada o in luoghi chiusi. Attraverso le attività delle unità mobili e di outreach, Save the Children ha inoltre intercettato gruppi di minori egiziani, bengalesi e albanesi inseriti nei circuiti dello sfruttamento lavorativo e nei mercati del lavoro in nero, costretti a fornire prestazioni sessuali, spacciare droga o commettere altre attività illegali. A destare particolare preoccupazione sono i minori “in transito”, tra i quali spiccano eritrei e somali che, una volta sbarcati sulle nostre coste, in assenza di sistemi di transito legali e protetti, si allontanano dai centri di accoglienza e si rendono invisibili alle istituzioni nella speranza di raggiungere il Nord Europa, divenendo facili prede degli sfruttatori.

Se da un lato è difficile dare un quadro numerico reale delle vittime di sfruttamento, dall’altro lo è ancora di più quantificare il numero degli sfruttatori. Nel nostro Paese, però, la tratta di persone costituisce la terza fonte di reddito per le organizzazioni criminali, dopo il traffico di armi e di droga.[3] Il numero dei procedimenti a carico degli sfruttatori, e soprattutto quello delle condanne in via definitiva, rimane però piuttosto limitato, per la capacità delle organizzazioni criminali di agire adeguando le proprie strategie per aggirare gli interventi legislativi dei vari Paesi. In Italia, in particolare, dal 2013 al 2015, sono stati denunciati per reati inerenti la tratta e lo sfruttamento un totale di 464 individui, alla maggior parte dei quali viene contestato il reato di riduzione in schiavitù.[4] Per lo specifico reato di tratta di persone sono stati arrestati più di 190 soggetti di nazionalità prevalentemente rumena, albanese e nigeriana. Secondo i dati riportati dal Ministero della Giustizia, il 12% degli autori di reati connessi alla tratta e allo sfruttamento sono di nazionalità italiana.[5]

“Sono tantissimi i minori che raccontano ai nostri operatori di essere vittime di drammatiche forme di sfruttamento, nella maggior parte dei casi assimilabili alla schiavitù, e che anche qui in Italia troppo spesso si affidano a persone senza scrupoli”, spiega Raffaela Milano, Direttore dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. “È importante che questi ragazzi trovino punti di riferimento affidabili per decidere del loro futuro: per questo motivo, oltre alle nostre attività di protezione dei minori migranti in frontiera Sud, a Roma, Milano e Torino, abbiamo attivato un nuovo servizio di helpline[6] dedicato ai minori migranti, un numero gratuito che risponde in sei lingue, fornendo orientamento legale e psicologico, e che vuole essere un punto di riferimento per tutti i minori che possono trovarsi in situazioni di rischio e per tutti coloro che vogliono aiutarli.”

Le ragazze nigeriane vittime di sfruttamento sessuale

Il numero delle minori e giovani donne nigeriane arrivate in Italia potenzialmente ad alto rischio di sfruttamento è in continuo aumento: nei primi sei mesi del 2016, sono state registrate 3.529[7] donne di nazionalità nigeriana sbarcate sulle nostre coste, tutte molto giovani, e 814 minori non accompagnati, tra cui si registra una significativa presenza di ragazze adolescenti. Questo dato riflette un trend in aumento che ha visto un incremento del 300% degli arrivi di ragazze nigeriane nel nostro Paese tra il 2014 e il 2015.[8] La maggior parte di loro sono adolescenti di età compresa tra i 15 e i 17 anni, con un numero crescente di bambine di 13 anni. Secondo le testimonianze raccolte da Save the Children, le ragazze vengono adescate nel circuito della tratta tramite conoscenti, vicini di casa, compagne di scuola o spesso anche sorelle maggiori già arrivate in Italia. Una volta reclutate, vengono costrette ad un giuramento tramite i riti dello juju o del voodoo, con cui si impegnano a restituire allo sfruttatore il proprio debito, che si aggira tra i 20.000 e i 50.000 euro. Spesso vengono costrette alla prostituzione già durante il viaggio che le porterà in Italia, mentre attraversano il Niger e durante la successiva sosta in Libia, e arrivano nel nostro Paese sotto il controllo dei trafficanti. Molte ragazze vengono dunque indotte alla prostituzione già nelle aree limitrofe ai centri di accoglienza e identificazione, oppure vengono trasferite dai trafficanti in Campania, per essere smistate e distribuite nelle principali città italiane.

Le vittime di tratta devono prostituirsi per ripagare il loro debito allo sfruttatore, ma la cifra aumenta ulteriormente perché le ragazze sono costrette a pagare un affitto sia per il luogo in cui vivono che per il marciapiede, con un costo per quest’ultimo che va dai 100 ai 250 euro al mese. Inoltre il debito cresce in funzione di meccanismi sanzionatori arbitrari messi in atto dagli sfruttatori, che “multano” le ragazze ogni volta che si ribellano alle regole imposte dal sistema di sfruttamento. Le ragazze sono quindi costrette a prostituirsi in qualsiasi condizioni fisica e a costi bassissimi e ad accettare anche rapporti non protetti, con la conseguenza di dover ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza, spesso clandestina, ed esponendosi al rischio di malattie sessualmente trasmissibili. Per riuscire a sopportare questa vita, molte ragazze cominciano a fare ricorso a sostanze stupefacenti psicotrope, su induzione dei loro trafficanti.

Le minori della Romania e dell’Est

Le ragazze rumene rappresentano uno dei gruppi nazionali più esposti alla prostituzione forzata, con un preoccupante aumento della quota delle minori tra i 15 e i 17 anni. Spesso provengono da contesti socio-culturali poveri e sono sin da piccole vittime di violenze domestiche e alcolismo. Arrivano in Italia con collegamenti via terra a costo moderato, con il miraggio di poter ottenere lavoro come bariste o cameriere, supportate dal proprio sfruttatore, che spesso si maschera dietro il ruolo di “fidanzato”, creando un rapporto di sottomissione con la vittima dal quale le ragazze faticano a uscire. Oltre ai casi di sfruttamento sessuale, le ragazze rumene sono spesso vittime di sfruttamento lavorativo, in particolare nel settore agricolo, soggiogate dai loro datori di lavoro – tra cui anche cittadini italiani – che ne sfruttano la condizione di necessità per costringerle anche ad avere rapporti sessuali.

I minori di origine egiziana

Secondo le testimonianze raccolte dagli operatori di Save the Children, i minori egiziani arrivati in Italia nel corso del 2016 hanno un’età media inferiore (14-16 anni) rispetto ai connazionali arrivati l’anno precedente (15-17 anni) e sono in aumento i giovanissimi, tra i 12 e i 13 anni. Il viaggio verso l’Italia viene organizzato da un network di persone note alla comunità locale, con i quali vengono stipulati dei veri e propri contratti che prevedono un debito che varia dal 2.000 ai 4.000 euro a seconda delle aree di partenza, con picchi fino a 10.000 euro per coloro che hanno percorso la rotta balcanica.

Il viaggio per raggiungere l’Italia dura in media tra i 7 e i 15 giorni e, poco dopo essere sbarcati sulle nostre coste, i ragazzi si allontanano dalle strutture di prima accoglienza per raggiungere le città del Nord e del Centro Italia (in particolare Roma, Milano e Torino) e una piccola percentuale di loro anche altri Paesi europei. Una volta arrivati in queste città, spesso su indicazione di un adulto, entrano in contatto con le autorità per essere inseriti nelle comunità per minori. In molti casi, questo consente loro di crearsi nuove opportunità di inclusione. Ma per i molti ragazzi che non hanno la possibilità di entrare nel percorso di protezione – in particolare per i neomaggiorenni – si aprono le porte dello sfruttamento e della vita in strada.

Tutti questi ragazzi condividono l’esigenza di dover mandare soldi a casa per pagare il debito contratto dalla famiglia prima della partenza e questo li trasforma in facili reclute del lavoro nero, esponendoli a varie forme di sfruttamento. A Milano e Torino, la maggior parte viene sfruttata in pizzerie, panifici o mercati ortofrutticoli. A Roma, sono tantissimi i minori egiziani che lavorano all’interno dei mercati generali della frutta e verdura, nelle pizzerie, negli autolavaggi o nelle frutterie. Vengono pagati pochissimi euro e a volte non vengono proprio retribuiti, con la scusa che il lavoro svolto costituisca un apprendistato. In alcuni casi, questi ragazzi sono anche vittime di sfruttamento sessuale o coinvolti in attività illegali come lo spaccio di sostanze stupefacenti.

I minori albanesi

I minori non accompagnati albanesi sono al secondo posto per numero di presenze tra le nazionalità più rappresentate in Italia,con 1.453 ragazzi (12,5% sul totale).[9] Si tratta di un dato in crescita rispetto allo scorso anno, dovuto probabilmente alla recente abolizione dei visti di entrata nei Paesi Schengen. Sono ragazzi provenienti da famiglie disgregate con forti difficoltà economiche o con forti disagi nelle figure genitoriali. Le loro principali mete sono l’Emilia-Romagna e la Toscana. Sono a rischio di sfruttamento in attività illegali, spesso anche a causa del contatto con adulti che li fanno diventare preda di atti di bullismo, fino a circuirli e a spingerli a commettere piccoli furti, ricettazioni e spaccio. 

I minori in transito: eritrei e somali

Tra i minori entrati in contatto con Save the Children, uno dei gruppi più esposti al rischio di abuso e sfruttamento è rappresentato dai minori non accompagnati in transito in Italia per raggiungere altri Paesi del Nord Europa. Si tratta di bambini e adolescenti giovanissimi che sin dall’inizio del loro viaggio subiscono trattamenti disumani e degradanti, spesso vere e proprie forme di tortura, e che vengono scambiati tra gruppi di trafficanti come avviene nel mercato della droga o delle armi. L’arrivo in Europa non significa per loro la fine dello sfruttamento ma un nuovo inizio, poiché la strada che devono percorrere per raggiungere il Paese di destinazione e la necessità di rendersi “invisibili” li rende ancora più vulnerabili.

Tra i minori in transito, i gruppi principali sono quelli degli eritrei e dei somali. Tutti e tre questi gruppi compiono lunghissimi viaggi prima di arrivare in Italia, attraverso rotte molto diverse, ma tutti sono vittime di sfruttamento e abuso una volta arrivati nel Paese, mentre cercano di pianificare i loro spostamenti verso il Nord Europa, anche a causa della necessità di reperire ulteriore denaro per pagare i trafficanti che li porteranno oltre frontiera.

“Consideriamo indispensabile che l’Europa attivi subito la procedura della “relocation” almeno per i minori soli e più vulnerabili: è indispensabile garantire ai ragazzi che devono raggiungere familiari in altri paesi europei un percorso legale e protetto. È davvero inaccettabile che questi minori una volta giunti in Europa debbano mettersi nuovamente nelle mani dei trafficanti, alimentando il mercato dello sfruttamento,” commenta Raffaela Milano. 

Il profilo degli sfruttatori

Per la prima volta, il dossier approfondisce il profilo non solo delle vittime, ma anche degli “offender”, cioè gli sfruttatori. Il profilo degli sfruttatori è molto vario e va dal singolo fino alle organizzazioni criminali, che gestiscono la tratta di persone come attività propedeutica e funzionale a traffici illeciti più lucrativi, come ad esempio quello di droga. I gruppi transnazionali più complessi hanno cellule in tutta Europa e riescono a spostare e gestire un numero notevole di persone, arrivando a muoverle da un Paese all’altro del continente, a seconda della domanda di lavoro forzato o di prostituzione che si creano di volta in volta.

Nel caso degli sfruttatori individuali, particolarmente frequente per le ragazze rumene e dell’Europa orientale costrette alla prostituzione, spesso la condizione di subordinazione e assoggettamento viene messa in atto da una persona con cui la vittima ha una relazione di parentela (cugine o sorelle) o un vincolo sentimentale. Il vincolo di dipendenza affettiva, emotiva ed economica tra sfruttatore e vittima fa sì che quest’ultima non percepisca con chiarezza lo sfruttamento in atto. Lo stato di prolungato sfruttamento, l’asservimento psicologico, la continua frequentazione di connazionali coinvolti nel traffico di persone, nonché la normalità che assume la violenza nella vita quotidiana, fa sì che le ragazze nel tempo vengano indotte a partecipare al business della prostituzione, assumendo anche dei ruoli attivi.

Le reti informali giocano un ruolo importante nel fenomeno del traffico di persone. In generale, queste tipologie di reti non perseguono l’obiettivo finale di sfruttare i migranti dopo il loro arrivo a destinazione, eppure sono frequenti i casi in cui i migranti, soprattutto le donne e i minori, durante o dopo il viaggio, si trovano intrappolati in forme di grave sfruttamento. Come risulta dalle testimonianze dei minori stranieri non accompagnati giunti in Italia, queste reti vengono attivate solitamente dalla stessa famiglia o da un conoscente del ragazzo e lavorano sostanzialmente come una sorta di ‘agenzia di viaggio’.

È il caso emblematico dei minori egiziani, le cui famiglie contraggono un debito nei confronti dei trafficanti che deve essere ripagato una volta giunti in Italia. La necessità di onorare il debito contratto è molto sentita dai ragazzi egiziani, in quanto sono consapevoli che se la loro famiglia rimane insolvente potrà incorrere in problemi di natura penale, pressioni sociali o anche violenze da parte dei trafficanti stessi.

Nel traffico dei giovani afgani, la figura dell’intermediario, chiamata anche garante, ha invece il compito di tenere i rapporti con il trafficante allo scopo specifico di tenere bloccato il pagamento finché il minore non giunge al Paese di destinazione.

Per i viaggi via mare, tra le altre figure tipiche del traffico di persone, vi è quella dello scafista. Come riportato sia dai minori egiziani che da quelli afgani, si può trattare addirittura di loro pari costretti ad adempiere a questo compito per pagarsi una parte del viaggio. L’utilizzo dei minori per la traversata garantisce ai trafficanti di non esporsi al pericolo del viaggio via mare o al rischio di venire arrestati e incriminati dalle autorità italiane.

Le organizzazioni criminali che gestiscono la tratta di persone perseguono invece lo scopo specifico dello sfruttamento e assoggettamento delle vittime, al fine di trarne dei benefici economici o altri vantaggi. Questi modelli organizzativi son ben inseriti nel territorio italiano: è il caso dei boss nigeriani che, in accordo con le mafie locali, gestiscono oggi importanti segmenti del traffico e dello spaccio di droga tramite una elevata capacità di controllo sul territorio e sulle persone[10]



Le raccomandazioni di Save the Children

Nel rapporto, l’Organizzazione delinea una serie di raccomandazioni chiave per garantire una più rapida emersione, identificazione e assistenza ai minori vittime di tratta e sfruttamento e la piena attuazione dei loro diritti. “Finalmente è stato approvato in Italia il primo Piano Nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani; ora è indispensabile passare all’attuazione del piano, prevedendo specifici interventi per le vittime minorenni”, afferma Raffaela Milano. “Per prevenire i rischi di sfruttamento chiediamo inoltre al Parlamento di approvare, senza ulteriori indugi, il disegno di legge sul sistema nazionale di accoglienza e protezione dei minori stranieri non accompagnati,[11] che finalmente ieri ha ripreso il suo iter alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dopo un lungo periodo di stallo. Un sistema di protezione organico e diffuso su tutto il territorio nazionale, può rappresentare una risposta concreta per ridurre i rischi di tratta e sfruttamento per i minori in arrivo.” (Fonte Save The Children)




Il rapporto è disponibile alla pagina: www.savethechildren.it/pubblicazioni



L’infografica sulle rotte della tratta dalla Nigeria all’Italia è disponibile al link: https://we.tl/dV4WwZVz3E



Le foto tratte dal rapporto sono disponibili al link: https://we.tl/V0OGoghEqU





[1] Commissione Europea, Relazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio Europeo sui progressi raggiunti nella lotta al traffico di persone, 2016.

[2] Dipartimento della Pubblica Sicurezza Direzione Centrale dell’Immigrazione e delle Polizia delle Frontiere, Riepilogo per Nazionalità delle Persone Sbarcate, dati aggiornati al 30 giugno 2015 e al 30 giugno 2016.

[3] Osservatorio Interventi Tratta - Dipartimento Pari Opportunità, Presidenza del Consiglio dei Ministri.


[4] Dati interforze forniti dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale (non consolidati per il 2015).

[5] Ministero della Giustizia – Direzione Generale di Statistica e Analisi Organizzativa, La tratta degli esseri umani. Indagine Statistica su un campione rappresentativo di fascicoli definiti con sentenza relativamente ai reati ex art. 600, 601 e 602 del codice civile, Settembre 2015, p.3-4.

[6] L’Helpline offre un servizio telefonico multilingue (italiano, arabo, inglese, francese, tigrino, somalo, farsi), è attiva dal lunedì al venerdì, dalle ore 11 alle ore 17, e risponde al numero verde 800 14 10 16 (per Lycamobile: 351 2 20 20 16).

[7] Dipartimento della Pubblica Sicurezza Direzione Centrale dell’Immigrazione e delle Polizia delle Frontiere, Riepilogo per Nazionalità delle Persone Sbarcate, dati aggiornati al 30 giugno 2015 e al 30 giugno 2016.

[8] OIM – Rapporto sulle vittime di tratta nell’ambito dei flussi migratori misti in arrivo via mare (aprile 2014-ottobre 2015).

[9] Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Report di monitoraggio minori stranieri non accompagnati in Italia (30-04-2016).

[10] Cooperativa BeFree, Inter/rotte. Storie di tratta, percorsi di resistenza. Aprile 2016, Roma.

[11] A.C 1658 “Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e altre disposizioni concernenti misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati”




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La tratta di esseri umani è la terza fonte di reddito delle organizzazioni criminali.Report Piccoli Schiavi Invisibili

I  minori stranieri non accompagnati restano i più vulnerabili: nei primi sei mesi dell’anno raddoppiati quelli giunti via mare in Ita...
The EU and its member states are failing child refugees and other asylum seekers under 18, according to a British government report.

The UK House of Lords' EU committee in a report out on Tuesday (26 July) said unaccompanied migrant children "face a culture of disbelief and suspicion."


Its 115-page document said authorities in the UK and elsewhere in the EU avoided taking responsibility to help care and protect the some 88,245 unaccompanied children that applied for asylum in EU states last year.

Poor reception conditions, prolonged uncertainties about their legal status, and overall bad treatment has instead helped smugglers and human traffickers exploit thousands of children.

The EU police agency Europol has estimated at least 10,000 unaccompanied minors and children seeking international protection have gone missing.

“It is particularly shocking that so many unaccompanied child migrants are falling out of the system altogether and going missing," said the chair of the committee in charge of the report, Usha Prashar, in a statement.

Aid agency Human Rights Watch last week said Greek authorities were regularly detaining children in "unsanitary police station cells". Some were as young as 14.

Missing Children Europe, an umbrella group for missing and sexually exploited children, has said that at least 50 percent of all unaccompanied minors went missing within 48 hours of being placed in a reception centre.


Many absconded in the hope of reaching their intended destination in Europe.
Afghan 'anchor children'

The vast majority of unaccompanied children were males just under the age of 18, over 50 percent of whom came from Afghanistan.

Ward Lutin, a migration expert at the EU asylum agency EASO, told reporters earlier this month that some families in Afghanistan sent out their children to Sweden or Germany in the hope of using family reunification rights to later join them in Europe.

Lutin called them "anchor children".

"Some studies indicate, specifically for Afghan youth, this is even seen a little bit as a right of passage, especially for the young boys, they see it as something heroic to be able to get a status," he said.

The House of Lord's report, for its part, said Afghan males aged 16 or 17 are most often eyed with suspicion by authorities.

The report noted that all children regardless of age or nationality should be treated with equal care.

"All those under 18 should be treated as children, first and foremost," it said.

Over 60 percent of Afghans applying for asylum in the EU tend to obtain some sort of protection status.
More kids applying for asylum

Figures provided by the EU statistical office Eurostat indicated a year on year increase in the number of migrant children applying for asylum.

In 2013, just under 13,000 applied. This increased to 23,000 in 2014 and then almost 90,000 last year.

But the UK report noted the figures are not entirely accurate.

It cited data that suggest thousands of children have also entered the EU without ever having had applied for asylum.

"All that we can say with certainty is that the number of unaccompanied migrant children in the EU runs to many tens of thousands and has grown significantly in recent years," said the UK report. euobserver.com

REPORT http://www.publications.parliament.uk/pa/ld201617/ldselect/ldeucom/34/3402.htm





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Report: EU failing migrant children

The EU and its member states are failing child refugees and other asylum seekers under 18, according to a British government report. The U...
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